La serie 20' to 2000 targata Raster-Noton, consistente in 12 mini-cd dal 99 al 2000 dove altrettanti 12 artisti vengono chiamati a fornire una loro visione sugli ultimi venti minuti del millennio, abbracciando le tecnologie in quel periodo più avanzate, ha regalato tante perle per gli amanti della sperimentazione minimalista-digitale, al secolo microwave, che ha visto nell'etichetta culto tedesca, e nello specifico in quelli che sono i suoi anni migliori (97/2005) una delle realtà più rappresentative.

Tra queste spicca indubbiamente il capitolo affidato al re di questo suono, nonchè co-fondatore della storica etichetta, un artista influente e geniale, molto di più di quanto lo possono essere stati i colleghi pur notevoli di label, quali Byetone, Ikeda o Alva Noto (senza ovviamente dimenticare personalità esterne alla r-n, quali Marcus Popp, Tailor Deupree, Cascone, Coil, Pan Sonic), stiamo parlando di Frank Bretschneider, atttivo anche come Komet, che con queste quattro tracce anticipa un pò quello che sarà il suo sound nel nuovo millennio, un sound altamente innovativo e mentale, quanto stagnante in tecniche e idee oramai abusate e prevedibili.

Mi riferisco al buon Frank come Re di questo suono perchè pochissimi riescono a suonare così freddi, digitali, minimali, organizzati, puliti, cerebrali; ogni sua release, prima ancora che essere un autentico trip, sembra un pò la trasposizione in musica di quella che è una certa attitudine dell'uomo teutonico, e nella vita di tutti i giorni, e in ambiti artistici di design. Il suo è il sound digitale per eccellenza, ogni minimo suono presente, dal minimo tono/textura al glitch più squillante, è generato tramite segnali digitali e cervellotiche onde sinusoidi, zero analogico, e di riflesso un sound freddissimo, ma che - e qui sta il bello che erige Frank a maestro assoluto - ascoltato nell'insieme riesce a suonare caldissimo e avvolgente, oltre che estatico, avvicinandosi talvolta ai raga indiani di sitar. Un qualcosa che come avrete capito puo ricordare il primo Plastikman, con la differenza che se quest'ultimo faceva dell'analogico e della fedeltà allo sporco armamentario Roland il proprio cavallo di battaglia, per Frank il mezzo è quanto mai digitale, e la tecnologia è sempre aggiornata ed evoluta.

Non sarà forse la colonna sonora più adatta ai minuti pre 2000, ma lo è per un viaggio mentale probabilmente mai provato prima. E' inoltre un disco che si allontana da quei discorsi accademici/teatri/sound art, spesso un pò pretenziosi, che coinvolgeranno il movimento microwave con gli anni a seguire: qui tutto ruota unicamente al mero e puro Suono.

Come 18.14 possono rappresentare un capolavoro senza tempo.

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