" ...Ancora (parzialmente) insani, ma i Korn di un tempo sembrano un lontano ricordo... "I Korn hanno rischiato tanto con quest'album, ancora di più con "Untouchables", e questo loro lo sanno bene. Si sono spinti un altro passo oltre? Non si sà, ma sicuramente non sono da accusare per aver fatto un passo indietro o essersi ripetuti. Il nuovo Korn è il (classico) album che non ci si aspetta, ciò significa in entrambi i sensi: nel bene e nel male. Sinceramente, dopo "Untouchables" (tralasciando "Take A Look... ", che più che un'album effettivo è stato un modo per accontentare qualche fan di vecchia e nuova data, e farsi qualche "soldino" in attesa del nuovo album) si intravedevano pochi ulteriori margini di miglioramento: intuizione in parte azzeccata, perché con questo nuovo album, sembra che i Korn cambiano nuovamente direzione (stavolta drasticamente), ed ancora una volta spiazzano il pubblico, che non si sarebbe aspettato di certo questo.
Innanzitutto, è un album che, al di là dei ritornelli facilotti e che strizzano l'occhio alla commercialità del pop, non è per niente un album di facile presa, e sicuramente non è tra quegli album che convincono ai primi ascolti. Un album ostico insomma. Un album saturo di effettistica (soprattutto alle percussioni) che donano alla musica dei Korn un aspetto freddo, un album impregnato di industrial. Sembra che i Korn abbiano voluto ripulire il loro sound da ogni cosa che avesse potuto risultare superflua ai loro occhi, ritoccandolo con la fredda tecnologia e con canzoni studiate (nessuna parvenza di improvvisazione o spontaneità alcuna), cosa che sicuramente disgusterà ancora una volta i fans di vecchia data. Il mood dei Korn è ancora una volta cupo, ma un'oscurità diversa da quella del passato, come già detto più fredda e quasi "consapevole" o ormai atrofizzata, rassegnata e più cinica/insensibile.
Il filo che lega ogni canzone è il suono spettrale di una cornamusa, che sembra voler tornare dal passato ogni tanto, per ricordare che il passato non è ancora morto del tutto. La surreale copertina mostra un bambino, con alle spalle due animali vestiti e dall'aspetto grottesco e quasi demoniaco: il coniglio incorona il bimbo, mentre il cavallo ha in mano la testa mozzata del peluche che tiene in mano il bimbo, quasi a rappresentare che nonostante i Korn siano diventati i re assoluti nel loro genere musicale, sono ancora legati ad un passato che non si può del tutto cancellare, cicatrici che rimangono nell'anima, ma che stavolta vengono accettate con meno paura rispetto al passato. Volente o nolente, anche se Jonathan da tempo fa il bagno nei $, la sua infanzia sembra che sarà sempre un fardello da portare, per lui e quindi anche per la musica dei Korn. Questo aver guadagnato qualcosa, ma averne persa inevitabilmente un'altra: una situazione che si bilancia e dove le due cose si equivalgono.
Le chitarre hanno un ruolo leggermente meno primario rispetto agli ultimi albums: qui sono accompagnate da un sottostrato di effetti che si dimenano e vogliono insinuarsi nella psiche dell'ascoltatore. La produzione non è più la stessa: il sound delle chitarre si è fatto meno pachidermico e "appiccicoso", e con un'accordatura meno bassa, così come il basso non è più slappato come prima. Cosa resta dei Korn precedenti? Qualche parte o passaggio, di sicuro non delle canzoni vere e proprie. Prima di continuare ad analizzare il disco, volevo precisare alcune cose: affermazioni come "i Korn si sono venduti, sono band da mtv e da ragazzini" ecc. , sinceramente le lascio agli irriducibili ottusi, che si ostinano a non voler fare entrare nella loro zucca vuota che il punto sul quale porsi la domanda è se faranno bene e sapranno essere scaltri nel fare musica come band che vende tanto. Insomma, non è una novità che ai Korn da un certo punto in poi della loro carriera gli sia piaciuta la popolarità. consideriamola, con franchezza e senza inutili polemiche, una band mainstream: a me piace come band mainstream (non è una novità), e quindi come band mainstream finora ha spaccato il culo a tutti (i suoi simili), ma anche a tante altre band di altre categorie.
A quelli che pensavano che il nuovo album sarebbe stato sulla scia dello "scarto" di quella canzone che era in giro prima dell'uscita, quest'album è la risposta: ecco come ci hanno preso per il culo i Korn. Lato negativo: la vera brutalità è il fattore che per la prima volta, sento mancare in un album dei Korn: dove sono finiti quei riff puzzolenti di bellezza malsana che, molto vicini al sound e all'accordatura death metal, ti confermavano che i Korn non erano ancora pronti per la commercialità più spudorata? Manca la brutalità, la malattia vera e propria s'è trasformata in qualcosa di più maturo ma, ahìnoi, forse eccessivamente troppo freddo e studiato. Trasformazione sincera o dettata dalla voglia di mettersi accanto a Britney Spears & co? Chi può dirlo, di sicuro non le vendite, come al solito la verità stà solitamente nel mezzo. In quest'album, non c'è un giusto o corretto bilancio delle parti (molte volte, fatto per accontentare un po' tutti), ma ci si cala in un mondo unico, dove sono le sfumature che contano. Ogni album dei Korn mette alla prova, e questo è sicuramente un fattore molto positivo. Quest'album convince e non convince, forse il segreto per poter farsi un'opinione reale e oggettiva di quest'album è far finta o dimenticarsi che siano i Korn, anche se non è cosa tanto semplice.
"Twisted Transistor" apre le danze e rappresenta, in parte, quello che ci dovremmo aspettare successivamente. Dal sapore apocalittico, questa canzone di apertura mi ha portato alla mente una canzone come "Pure" degli Helmet: non fraintendetemi o prendetemi per pazzo, ma le due canzoni hanno una struttura affine, monodirezionale, addirittura quasi insignificante, ma che al minimo cambiamento/passaggio che avviene possono di colpo rivelare il loro senso. "Politics" è una canzone moderna, sorretta da un gusto per la melodia ed un ritornello catchy. "Hypocrites": canzone che sembra prendersi gioco degli ascoltatori, tra chitarre stoppate che creano un muro di suono, e dei suoni ed effetti che "strisciano" nel sottofondo. "Love Song" è una canzone ambigua, insolita e disturbata, canzone molto cupa che forse unisce al meglio i nuovi Korn con quelli vecchi: la malattia torna a pervadere questa song, ed il ritornello stralunato e quasi ruffiano, crea un contrasto molto interessante tra la malattia mentale e la dolcezza/melodia. Sicuramente una delle canzoni più interessanti del disco. "Souvenir of Sadness" si apre con un riffone di chitarra che sembra strozzarsi, moderno e diretto. Le vocals in questo pezzo seguono il nuovo corso del cantato di Jonathan, niente di ruffiano o eccessivamente melodico, infatti nel complesso è una canzone abbastanza diretta. Il ritmo e l'incedere di "10 or a 2-way" può ricordare i Nine Inch Nails: parte sussurrata più scarna, dove poi esplode il ritornello. "Throw me away" è una tra le canzoni interamente più mischiate all'elettronica del disco, con ritmi freddi ma con aperture melodiche nel ritornello: l'atmosfera che è sprigionata dal mix delle sonorità sembra quasi fuori dalla realtà. "Open Up" è molto elettronica, una canzone che sembra portarti verso la luce ma che poi ti riporta, senza neanche poi tanto stupore, verso l'abisso. Un'altra dark song, dove le linee vocali di Jonathan e la melodia, verso la fine, fanno respirare un'atmosfera non troppo distante da cose come i Type 0 Negative. Appunto verso la fine di questa song, anche se si torna a respirare nuovamente una parvenza di quiete e serenità, viene subito spezzata da un loop psicotico. "Coming Undone" inizia con un riff bello pieno, cosa che fà presagire ad un ritorno ai vecchi Korn: niente di più sbagliato, perchè subito dopo parte una base ritmica semi-industrial, ed il pezzo si snoda verso territori ossessivi e martellanti, con il ritornello che non si vergogna troppo ad essere ruffiano. Una song catchy, senza dubbio. "Getting Off": nuovamente un riff di chitarra a dettare legge, e la batteria (mischiata a degli effetti) iniziano il pezzo. Qui Jonathan torna a "growlare", in contrapposizione al ritornello, come sempre, melodico. "Liar": anche se non eccessivamente condita di elettronica, il ritornello è qualcosa dei più melodici e ruffiani che abbia mai sentito dai Korn. Ruffiano? Oh si, ma non dimenticatevi che quando meno ve l'aspettate potrebbero sempre tornare i Korn più mentalmente disturbati e schizoidi a calciarvi nelle palle, con quelle urla di Jonathan Davis vecchia maniera riprese dallo stile "Twist". "For No One": canzone che spacca, il basso torna a sentirsi "slappare", l'incedere è fottutamente catchy, le chitarre tornano a farsi sentire prepotenti, il cantato di Jonathan è stupendo e traccia nuovi orizzonti di sensazioni. In "Seen it all" i Korn tornano alla loro nuova dimensione, dove l'elettronica e gli effetti ci immergono nella freddezza delle macchine, e l'atmosfera cupa dona alla canzone un'alone quasi misterioso, complice anche un viola (o violoncello) di bellezza rarefatta. L'album si chiude con una semplice, quanto emozionale "Tearjerker", con un piano, la voce delicata, stupenda di Jonathan e vari effetti, a mettere l'ascoltatore in uno stato di disorientamento.
Tirando le somme, il mio punto di vista è che la parte più eccitante dell'album inizia da "Throw me away". Spero comunque che quest'album crescerà in me, poco a poco, come è successo con "Untouchables". Ai primi ascolti di "Untouchables" c'erano solo un paio di pezzi di mio apprezzamento, ma con il passare degli ascolti è successo il tipico effetto "fungo". Così ho considerato Untouchables un capolavoro. Nu-Pop? Probabile, e non sarebbe una cosa poi così cattiva. Che vi piaccia o no, che sia meglio o peggio, attualmente i Korn sono veramente unici nella musica che fanno.
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