Un disco con un concept forte come la perdita di una persona cara raccoglie sempre un'attenzione morbosa, specie nell'universo rock-metal dove contemplazioni al trapasso, spirali e dissertazioni macabre esercitano sempre un certo fascino. Nel caso dell'ultimo disco dei Korn, lo spunto creativo è fortemente influenzato dal decesso dell'ex moglie dell'iconico cantante Jonathan Davis, dagli albori colonna portante del gruppo. Come conseguenza The Nothing è un disco sulla perdita, la rabbia e la caduta nell'abisso della disperazione, d'altronde neanche la copertina sembra indicare positività, e pulsioni più o meno autodistruttive hanno sempre caratterizzato i testi della band.
Questo almeno nelle intenzioni. Fin dall'inizio anche troppo teatrale (poco più di un prologo), dove il cantante piange, si dispera e impreca sotto le solite cornamuse "signature", di angoscia non c'è traccia. Il disco non trasmette atmosfere e intenzioni in bilico tra fascino e timore, come un Trent Reznor di The Downwar Spiral, è decisamente innocuo come molti altri dei Korn che ho ascoltato da Untouchables in poi, ma molto piacevole da ascoltare. Proprio da quest'album vedo una sorta di legame simbolico, Davis sembra più preoccupato a creare perfetti refrain pop-metal, con una precisa ricerca melodica. Spesso però queste parti risultano slegate dal resto, come se fossero cucite tra le sezioni. Praticamente tutti i brani, aiutati da una produzione impeccabile e dopatissima, aggrediscono l'ascoltatore con riff molto pesanti, spesso parecchio evocativi, o bizzarie varie, tuttavia la rotta viene sempre ristabilita con ritornelli come detto molto orecchiabili, non li definirei mainstream, ma la struttura è clamorosamente pop con strofe, bridge molto sbrigative (se non assenti) e super refrain che spesso non c'entra nulla. Il tutto alternato ai suddetti bombardamenti metal, molto spesso belli. Un altro gruppo che ricordo sempre con piacere per tale idiosincrasia sono i Fear Factory, quindi non necessariamente un male.
Un caso esemplare - comincio a fare qualche titolo - è Can You Hear Me, l'episodio più radiofonico del disco e quasi un capolavoro pop-metal: è tale la fretta di arrivare al fantastico ed evocativo chorus che la strofa è giusto una nota di colore, il refrain è anche meastosamente sorretto da una muraglia di chitarroni, nonché un piacevolissimo wave synth in sottofondo che lega magnificamente e allo stesso tempo richiama quello spirito un po' fusion della band. Qui bisogna veramente fare un encomio all'abilità compositiva di Davis nel creare questi gioielli qualitativi nel vuoto pneumatico che ammorba tutta o quasi la musica moderna, ma si esprime e consuma senza definire un setting angosciante e ostile come facevano i primi album. Da questi però ritornano le notevoli trovate vocali negli special, tipo The Ringmaster, Idiosyncracy e The Darkness is Revealing, dove Davis si cimenta in screaming gutturali, metriche hip-hop, variazioni vocali di ogni genere e addirittura scorribande nella drum and bass. Questi momenti sono sempre altamente coinvolgenti ed è un piacere scoprire cosa viene inventato per dare varietà alla composizione. In poche parole Jonathan Davis ci sa veramente fare, anche dopo anni di onorevole carriera, ed è coadiuvato da musicisti con gli attributi. Sono ridotti i momenti di rilassamento, praticamente confinati nella traccia finale.
In definitiva The Nothing è un ottimo disco che prosegue la linea qualitativa dei Korn e che non cambierà le opinioni sul gruppo, con un bilanciamento cercato e voluto tra orecchiabilità e chaos, a volte un po' slegato nelle sue parti. il concept lugubre è un travestimento senza effetti collaterali per un album che neanche prova a discostarsi dal sound consolidato negli ultimi album, e forse va bene anche così. Se è vero che un artista trasmette attraverso la sua opera le sue emozioni all'ascoltatore, qui di tristezza vera ne arriva poca.
Carico i commenti... con calma