Basta un primo sguardo alla copertina di questo disco e lo stomaco si stringe. Un freddo e una desolazione totale, la rovina e la pesantezza di un relitto abbandonato nel gelo artico.

Le chitarre che aprono il disco con "The Pressure Keeps Me Alive" sono il suono della ruggine e del ghiaccio che avanzano imperterriti, minacciosi e pesanti. Le melodie malate di "Wrong Side of History" sono i venti che si infilano ovunque come lame.

Il disco offre uno scenario in bilico tra Post Hardcore e Doom, pendendo più dalla parte del primo, con un'estetica sonora scarna, ma imponente e massiccia.
I suoni di chitarra e basso sono abrasivi e naturali: più che utilizzare enormi dosi di distorsione, si possono sentire le valvole degli amplificatori diventare bollenti e le casse che si spaccano. La batteria ha una qualità molto "Steve Albini", vale a dire quel suono scarno, ma potente e naturale che fa affidamento sulla potenza della performance e sulla "room" più che sulla precisione in consolle - un sound spesso associato ai lavori di questo produttore americano.

Per descrivere la voce, penso che "viscerale" sia la parola giusta. Si tratta di esecuzioni naturali e caotiche, che richiamano, seppure in modo relativamente distante, sonorità in stile Minor Threat o Black Flag.

Questo è decisamente uno di quei dischi che sono pensati "come dischi", nel senso che le canzoni hanno una ragione di esistere molto chiara nel contesto dell'album, quasi come se i 7 brani contenuti facessero parte di una suite musicale estesa.

I Kowloon Walled City prendono il nome da un posto davvero surreale (fate una ricerca su google!) e la loro musica riesce a rappresentare lo stesso disagio e la stessa inquietudine con suoni naturali e credibili.

Un ascolto vale davvero la pena: il disco è anche disponibile in download gratuito o donazione via bandcamp!

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