KRAFTWERK - "THE MAN MACHINE"
Qualsiasi nota emani un synth nel 2000 è l'eco del primo sibilo elettronico sfornato negli anni 60. La sperimentazione dilagava, la gente ci perdeva il cervello per concederci il suo ambient mentale, con svariati stili e sensibilità.
Quando si è pensato che l'andamento melodico di un brano da spiattellare su un vinile poteva essere emanato non solo dalla chitarra, ci si è affacciati a suoni freddi. Come quelli dei VCS3, allo stesso tempo imponenti, e dei tasti bianchi e neri dei Kraftwerk.
Il krautrock migliora e plasma la psichedelia inglese e della West Coast con "stream of consciousness" pregni di frequenze elettroniche, e una scena per niente indottrinata. Vi sono troppe sfaccettature, e di certo alcune 'invecchiate male', ma ancora notevoli tipo il mastondotico Schulze, i solenni Tangerine Dream e la triade proto-cyberpunk Neu, Can e Faust.
I Kraftwerk accertano l'efficacia del suono tedesco con i primi 4 album, e poi si consacrano, o forse si trattengono, sfornando "Radio-Activity". Si è lontani dagli anni 90 degli Eiffel 65: qua ci troviamo appena nel 1975 e già si era sgamato, per esempio in 'The Model', il basso continuo, sul quale creare melodie alla Kalkbrenner & Co.
Dopo il seminale "Autobahn", avente un'idea geniale per gente come Bowie, ci addentriamo nel vinile rosso-nero.
Dalla 'macchina soffice' di Wyatt passiamo alla 'macchina umana' di Ralf e Florian nel giro di 10 anni appena, e vediamo che questi synth hanno veramente qualcosa da dire. Sicuramente permettono, a tipi come Alan Parsons e Brian Eno, di rivaleggiare con le idee eccelse tedesche.
Il concetto e la forma canzone si espande, arriva perfino a Battiato e ai Matia Bazar, e la new wave e il kraut annunciano la forma sintetica del suono. Questo album è composto da sei canzoni, esce nel maggio 1978 e finisce nelle radio con "The Robots", una bibbia per i Daft Punk, "Neon Lights", "The Model" e la titletrack.
Suoni che serviranno idee su piatti d'argento a Dj Shadow e Moby, permettendo di ridurre lo sforzo compositivo anche. La strofa e, se c'è il ritornello, ha un assetto statico che si distende sui particolarismi delle tastiere e sulla batteria che gioca spesso sul riverbero, proprio come alcune cose industrial.
Personalmente la titletrack è il pezzo che mantiene più alto lo sviluppo, considerandolo forse il migliore se si è stufi di vocine tipo "Technologic" o "The Robots".
Carico i commenti... con calma