Lungi dall'essere solo un giochino musical-coreografico e rappresentando invece uno spartiacque nell'ambito della musica degli anni Settanta, i Kraftwerk negli anni 1975-1978 realizzano tre album storici e giustamente famosi, emergendo con forza dal gruppo magmatico della Kosmische Musik tedesca ed occupando di diritto un posto nella musica occidentale grazie ad una precisa concezione estetica della musica. E' con Autobahn (1974) che Ralf Hutter e Florian Schneider hanno l'illuminazione di disciplinare le sperimentazioni krautrock di Kraftwerk I, Kraftwerk II e Ralf & Florian all'interno di un ricerca rumoristica ed elletronica finalizzata alla descrizione di svariati ambiti della tecnologia e del modo di vivere moderno, iniziando dall'automobile per continuare con la radio, il treno, i robots e più tardi con il computer e persino con la bicicletta, loro grande passione.

Con Radio-Activity (1975) i Kraftwerk realizzano un disco spettrale, letteralmente immerso nelle onde radio e nelle interferenze, confezionando canzoni elegiache, lente, con il caratteristico basso ostinato e percussioni ovviamente elettroniche e metronomiche (ogni tanto penso che la batteria militare e squadrata di Stephen Morris dei Joy Division sia direttamente ispirata ai loro ritmi). I Kraftwerk - questa una delle novità - giocano a togliere piuttosto che a mettere, le pause contano quanto la musica, le tastiere punteggiano i temi musicali senza frivolezze o infiorettamenti, senza legati, ovviamente non esiste il concetto di "assolo" perché il carattere didascalico dei brani ha la predominanza e la musica resta al servizio dell'immagine. Una nuova estetica musicale, chiaramente sorretta da canzoni atipiche ma validissime al di là della strumentazione utilizzata.

Passano un paio di anni ed i Kraftwerk, che nel frattempo sono diventati un piccolo culto e la band preferita di David Bowie, irrompono nelle classifiche con Trans Europe Express, forte del brano omonimo (in realtà una suite di 13 minuti, in due parti) che celebra e descrive il procedere incessante di un moderno treno attraverso l'Europa, famoso per la voce elettronica ed il ritmo metallico che nella seconda parte della composizione, programmaticamente battezzata Metal On Metal, prefigura inequivocabilmente la industrial music ed utilizza un rumore familiare, enfatizzandolo, per raccontare l'estetica del progresso, confessando un legame con il Futurismo che quasi nessuno all'epoca volle o fu in grado di percepire. Autobahn e Radio-Activity, infatti, avevano raccontato senza troppo descrivere, limitandosi al rumore dell'automobile che si accende, ai clacson, al variare sonoro delle onde sinusoidali ed al crepitio immaginario delle onde radio; TEE, al contrario, suona il treno, è come se lo avesse campionato, siamo davvero nel vagone ed osserviamo l'Europa che scorre da Berlino a Parigi sino alla prevedibile, stridula frenata finale nella stazione.

Il disco apre in realtà con Europe Endless, lungo, bellissimo e solare pattern di tastiere (in quest'album dominano i sequencer) che descrive quello che promette, senza mai forzare il ritmo ed anzi abituando l'ascoltatore all'estetica ed alla filosofia del viaggio, che vale quanto e può valere più della meta da raggiungere. La teatrale Hall Of Mirrors proietta problemi di identità sul palcoscenico spettrale e sospeso dei bassi elettronici e di mille e mille specchi, reali quanto esistenziali, esplicitati in modo più fruibile nella successiva Showroom Dummies ("manichini"), che prefigura il pop moderno di Man Machine del '78 (The Robots, The Model), quando si arriverà alla piena identificazione uomo-macchina. La suite del treno transeuropeo lascia ovviamente un'impressione molto metallica, nella seconda parte sembra che siano i martelli a "suonare" le rotaie e non possono non venire in mente gli Einsturzende Neubauten, è da qui che parte la loro rivoluzione fatta di magli e martelli pneumatici. A stemperare la trionfante meccanicità di questo brano segue la sognante Franz Schubert, elegia in tono maggiore di stampo ovviamente classicheggiante, non comune per i Kraftwerk del periodo e comunque costruita su un delicato pattern di sintetizzatori creato al sequencer, che incorpora il vocoder finale di Endless Endless, finale d'eco ad effetto per un album bellissimo e giustamente famoso.

Il movimento punk lascerà in pace i Kraftwerk - erano più disumani di loro - e tutta la musica degli anni Ottanta derivata dalla new vave, non solo l'industrial ma anche il synth pop, dimostrerà di aver preso buona nota di ogni loro brano, mentre dagli anni Novanta in poi si moltiplicheranno i campionamenti dei loro suoni metallici e pure gli album tributo. Meno compromesso con il pop del successivo Man Machine (comunque bellissimo, perché il pop elettronico lo inventano loro) e meno spettrale del precedente, Trans Europe Express resta l'album da privilegiare per conoscere questa band unica ed affascinante, che ha avuto il merito di imporre un'estetica musicale e culturale attraverso i propri albums.

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