Se dovessi descrivere in modo conciso chi sono i Kreator a qualcuno che non li conosce, credo che comincerei dicendo semplicemente "sono gli Slayer europei". Definizione che immediatamente farebbe cogliere (si spera) le sfumature del tipo di thrash proposto dal gruppo, che somiglia di più al combo slayeriano che non quello dei Metallica o altri (almeno per quello che concerne la produzione dei primi anni 80).

Ad onor del vero, però, questa definizione non gli rende giustizia, perchè potrebbe fare  erroneamente pensare che il loro stile sia ispirato o derivante dai thrashers californiani o fare capire che ne sono semplicemente la controfigura teutonica. Non è affatto così, e sebbene i Kreator hanno sicuramente una fama meno plateale non hanno avuto nulla da invidiare ai cugini d'oltreoceano, anzi, data la quasi contemporaneità dell'esplosione musicale di quegli anni che ha visto da un lato la Bay area e dall'altro la Germania, Petrozza e compagni sono a tutti gli effetti pionieri del genere.

L'album in esame risale al 1990, periodo in cui secondo molti il thrash stava esalando i suoi ultimi respiri, prima che scoppiassero i fenomeni del post-thrash e del nu-metal, in uno scenario in cui sembrava che il grunge dominasse tutto. Personalmente date le uscite discografiche che ci furono a cavallo tra 80 e 90 posso affermare che anche se il thrash stava effettivamente  morendo, quantomeno lo stava facendo con dei colpi di coda degni della gloriosa decade che l'aveva visto nascere.
I primi che mi vengono in mente: "Beneath the remains", "Arise", "Rust in Peace", "Seasons in the Abyss", ne sono l'esempio lampante, e a mio avviso questo "Coma of Souls", partorito un anno dopo (l'ancora più bello) "Extreme Aggression" altro non è che uno di quei colpi di coda.

Questo disco forse non è il capolavoro, ma rimane senza dubbio uno dei loro classici, vuoi per i motivi sopra elencati, vuoi per il periodo in cui uscì, vuoi perchè contiene alcuni pezzi che da sempre fanno parte anche delle loro scalette dal vivo quali "Coma of Souls", "People Of The Lie" e "Terror Zone", (che ritroviamo anche pubblicati nel loro ultimo live datato 2003), quest'ultima talmente classica da essere parte integrante del sito ufficiale nel nome e nel concept (visitate il link e capirete).

Il disco è ineccepibile sotto tutti i punti di vista, a cominciare dalla qualità sonora molto superiore ai suoi predecessori che rende immediatamente giustizia al sound aggressivo che i teutonici sanno creare. La tipica intro acustica seguita da riffs distorti dopo alcuni secondi ci accompagna allo scream iniziale di Mille in "When The Sun Burns Red", e a seguire troveremo un ottimo dosaggio di ingredienti prelevati dal miglior manuale del thrash metal.
Tipiche cavalcate da headbanging immediato di pezzi brevi e fulminei ("World Beyond"), i classici del genere (più propriamente heavy che speed & thrash) con un inizio lento e cadenzato per crescere sulla distanza ("Terror Zone"), oppure i pezzi che appena partono non puoi fare a meno di mantenere il ritmo, tanto è trascinante nella sua semplicità ("Mental Slavery") per poi svilupparsi in cambi di tempo a supporto di soli di chitarra a volte (e spesso) lanciatissimi ma anche più brevi o melodici con parti in tapping e wah wah ("Material World Paranoia"), cambi di tempo frequenti e intro con chitarre in controvoce ("Twisted Urges").

Ultima nota, ma non per questo meno importante, i testi. Criptici e con parecchi riferimenti politici e sociali legati al mondo in cui viviamo descritti con una certa maturità, che appunto ne caratterizza la difficile comprensione. Mi piace come canta Mille in quest'album, con la sua voce roca e incazzata, e sebbene non abbia le caratteristiche del virtuoso capace di slanci alti e bassi, o di picchi altissimi, riesce comunque a mantenere sempre un tono tanto stridulo quanto robusto allo stesso tempo che si congiunge meravigliosamente sui riffs di chitarra e sulle parole.

I Kreator sono ancora oggi sono una delle thrash bands più apprezzate di sempre, sebbene in passato sono sempre rimasti un po' più nell'ombra rispetto ad altri. Peccato che li ho conosciuti troppo tardi rispetto ai più noti gruppi americani. Sapere che anche l'Europa e la vicina Germania hanno saputo contribuire allo sviluppo di uno dei miei generi preferiti è stata davvero una bella scoperta. Consigliatissimo a chi se lo era perso.

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