L’evoluzione musicale può essere un’affilata arma a doppio taglio... Un artista o un gruppo con una storia decennale, positiva ma non “evolutiva” alle spalle, si ritrova quasi sempre davanti ad un bivio (non quello di Ruggeri per carità)... Questo bivio porta, solitamente, a due scelte:
1) Restare staticamente aggrappati alle proprie origini, riproponendo sempre le stesse “formule musicali” per non tradire le aspettative dei vecchi fan della “retrò-guardia” senza cambiare sostanzialmente sonorità ed attitudine.
2) Iniziare un percorso musicale di cambiamento (ed evoluzione appunto) che li porta, fatalmente, a distaccarsi da quanto fatto in passato, arricchendo il proprio sound e contaminandolo con nuovi aspetti e inaspettate influenze... Questa decisione di “mobilità” viene quasi sempre seguita da conseguenze prevedibili e discordanti: si rischia di venire additati come “traditori della fede” da parte dei vecchi fans che, successivamente, usano tutte le loro energie per denigrare e infamare l’artista (o il gruppo) stesso, agli occhi della gente; contemporaneamente, però, si finisce per conquistare nuove e numerose schiere di appassionati ascoltatori appartenenti a diverse realtà e a diversi gusti musicali, pronti a portare in trionfo (e riempire il portafoglio de) i loro nuovi idoli.
Da tutto questo si può facilmente dedurre che l’artista o il gruppo, sceglie una o l’altra strada (staticità o evoluzione), in base alle proprie egoistiche “previsioni di successo-denaro” (chi ha detto Metallica, Litfiba, ma anche Manowar, Ligabue etc...?), perdendo il significato dell’evoluzione o della staticità stessa. Questo è accaduto nella quasi totalità dei casi e in qualsiasi genere musicale con poche (e magnifiche) eccezioni.
In campo Metal, infatti, alcuni sporadici gruppi riuscirono, e riescono tuttora, ad evolvere e trasformare la propria musica portandola lontano, e più in alto, rispetto al loro consolidato stile d’esordio, senza però essere influenzati nel farlo dal “facile Dio Denaro”. Questi gruppi (ad esempio gli Anathema, ma non c'entra), percorrono la strada inesplorata del cambiamento, non per accalappiarsi nuove leve o per avere più successo commerciale (Brrr, che parola orribile), ma solamente perché sentono il bisogno di evolvere, ed il farlo risulta, per così dire, l’unico modo di rimanere coerenti con se stessi, come se l’evoluzione stessa fosse talmente naturale da risultare involontaria (rispecchiando appieno il significato stesso della parola evoluzione).
Uno dei gruppi che alla fine dello scorso millennio mi stupì di più e più positivamente in tal senso furono i tedeschi Kreator.
Se non avete vissuto sotto un sasso negli ultimi vent’anni (parlo con i metallari), saprete sicuramente che i sopraccitati furono, negli anni ottanta, una delle più importanti, influenti e distruttive band di Thrash Metal teutonico, dediti fin dagli esordi ad un sound micidiale e iper-aggressivo senza compresso alcuno, dove velocità e violenza erano le parole d’ordine della loro musica estrema... Album magnifici e maligni come “Pleasure to Kill”(1986), “Extreme Aggression”(1989) o “Coma of Souls”(1990) hanno fatto la storia del Thrash più rabbioso ed esplosivo (e in un certo senso minimale). Poi, negli anni novanta, qualcosa cambia... Con (al mio avviso splendido) “Renewal”(1992) inizia la coraggiosa strada dell’evoluzione musicale che, attraverso album come “Cause for Conflict”(1995) e l’immenso “Outcast”(1997) porta i Kreator sul bivio dello sperimentalismo evolutivo, ammorbidendo (in parte) ed espandendo i suoni e contaminandoli con atmosfere più “ragionate” e “rilassate” ma sempre assolutamente aggressive e brutalmente intimiste.
Ma è nel 1999 che, alle porte del nuovo millennio, i nostri pubblicano l’album che sarà lo straordinario punto d’arrivo della loro “metamorfosi” musicale: Questo stupendo Endorama!
Fatalmente e quasi naturalmente (leggesi sopra), quest’album è stato un mezzo disastro per quanto riguarda le vendite: non avendo assolutamente nessun minimo “mordente commerciale” per far avvicinare le masse, si è ritrovato a fare i conti con i vecchi fan del gruppo che, adirati, additarono “Endorama” come un tradimento e un allontanamento dalla matrici sonoro amate che trasbordavano nei primi lavori del gruppo e che comunque erano presenti, in parte, nei lavori precedenti a questo... In conclusione, fu un vero e proprio Flop.
Ma i vecchi fan non avevano capito la grandezza di questo lavoro.
“Endorama” è, credo, l’album più complicato, impegnato e pensato che i Kreator abbiano mai fatto... Si discosta talmente tanto dalle sonorità degli esordi da risultare quasi l’opera di un gruppo diverso ma è, allo stesso tempo, legato incredibilmente al loro passato ventennale (:evoluzione).
Diciamolo subito… Chi si aspettava da questo lavoro le solite sfuriate thrash vecchia maniera, avrà avuto una bella sorpresa... Con “Endorama” i Kreator proseguono il percorso iniziato con “Renewal” e lo portano al suo massimo compimento... L’album è quanto di più intimo, riflessivo e “sensibile” ci si possa aspettare da un gruppo metal, certo stiamo parlando dei Kreator e quindi la sensibilità risulta molto “violenta”, ma sempre sensibilità rimane.
L’album è veramente affascinante in ogni passaggio e punta molto su una intelligente e mascherata (ma non troppo) melodia di fondo. Alcuni passaggi risultano contaminati da influenze “industrial” (voci semi-filtrate e parti stoppate) o “psichedeliche” (con chitarre in alcuni momenti al limite del “post-prog-rock") e i brani si avvicinano pericolosamente e piacevolmente a influenze gotiche che regalano una profondità inaspettata a tutto il lavoro. I suoni si dilatano e rallentano e l’incidere si fa più morbido e “colto”, riuscendo nello stesso tempo, a mantenere la sua tipica aggressività (e pesantezza).
Musicalmente sembra quasi che, mentre nei primi album (più diretti e incredibilmente più brutali), i nostri urlassero la loro rabbia e la loro condanna estrema e disperata nei confronti del mondo e della civiltà degradata e degradante con un assalto sonoro che ai tempi aveva pochi rivali, adesso si siano “fermati” a ragionare sui motivi di questa loro condanna, rappresentando in musica la loro inquietudine e le loro paure, e analizzando gli sbagli e gli errori-orrori degli uomini alle fine dello scorso millennio. Spaventoso.
Tutto è sorprendente sin da subito... La voce di Mille Petrozza, pur mantenendo l’impostazione “bastarda”, riesce ad essere profonda ed espressiva, come se avesse trovato il punto di contatto tra pesantezza e rilassatezza, tra doloroso coinvolgimento e distaccata condanna. Incredibile.
Il lavoro di chitarra dello stesso Mille e di Tommy Vetterli sorprende per intensità, varietà e dinamismo, il loro suono unisce il raffinato al pesante e rappresenta pienamente l’intento del gruppo: creare musica “profeticamente coinvolgente” che si sposi in maniera perfetta con il significato dei testi che si possono considerare sostanzialmente una profezia sul nuovo millennio.
Il basso pulsante e possente di Christian Giesler e la precisa e, a tratti, morbida batteria di Jurgen “Ventor” Reil confezionano e legano le varie atmosfere ricoprendo una parte sempre in rilievo.
Ma c’è molto di più… Cose che gli amanti dei primi Kreator non possono nemmeno immaginare... Arpeggi di chitarra acustica, testiere che formano l’evocativa base su cui, spesso, si snodano le note dei vari strumenti, momenti rilassanti e “pensanti” che si alternano (e coincidono) con parti più tirate e quadrate (“Chosen Few”, “Future Ring” “Willing Spirit”), pezzi inquetanti al limite del (melodico) Gothic Metal (“Golden Age”, Passage To Babylon, “Tyranny”), momenti più aggressivi e veloci che mantengono comunque un’”armoniosa profondità” (“Endorama”, dove Mille duetta con il lider dei Lacrimosa Tilo Wolff, “Shadowland”, “Soul Eraser” e “Pandemonuim”), incredibili e sorprendenti parti dominate dal pianoforte e da chitarre acustiche (“Everlasting Flame”) e un impensabile brano sinfonico come “Entry” che esprime tutta la delicata e (finora) nascosta personalità sensibile di Mille Petrozza (autore di quasi tutti i brani).
Pur non essendo un concept album, si può dire che questo “Endorama”, nei testi, ha un forte minimo comune denominatore: la paura, l’inquietudine e la certezza pessimistica rivolta al nuovo millennio (era il 1999).
Insomma... Prendete dei ragazzi dall’animo forte e riflessivo, fateli crescere nel bacino della Ruhr in Germania (uno dei posti più inquinati e industrializzati d’Europa dove, immersi nel grigio smog, è impossibile non diventare duri come l’acciaio e pessimisti) e dategli da leggere testi filosofici, storici e di attualità… Il risultato che ne uscirà saranno i Kreator e questo “Endorama”... L’alchemica unione tra spirito e roccia, tra pessimismo e cattiveria, tra arrendevolezza e rabbia, tra profondità e cinico rilassamento. Immenso.
Purtroppo (ma molti diranno per fortuna) a causa dell’insuccesso di vendite di quest’album, i Kreator del nuovo millennio cederanno, anche loro, tristemente alle regole del music-businnes e pubblicheranno, successivamente a questo, album più musicalmente legati ai loro esordi, cercando di riappropriarsi dei propri vecchi fan delusi (e io non capisco) da questo coraggiosissimo (capo)lavoro. Si assoggetteranno quindi a quelle “regole” commerciali citate, snaturando, anche se con lavori molto buoni, il lavoro fatto fino a quest’album (vedi prima parte della recensione).
4 stelle su 5 solamente perché, nella lunga distanza, in effetti si sente un po’ la mancanza di una violentissima sfuriata al limite del Thrash/Death a cui i nostri ci avevano abituato.
“This celebration of the night can light your shattered life...
If you believe...”
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