L'omonimo album d'esordio era stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno: forse troppo relegato all'underground del doom e agli amanti viscerali del genere, "Krux" aveva deliziato i doomsters più incalliti, soprattutto se si tiene conto del fatto che quelli a cavallo del nuovo millennio sono stati per i Candlemass gli anni più difficili.
Perchè i Candlemass? Il motivo è presto detto: il bassista e leader Leif Edling è lo stesso che ha deciso di dar vita al progetto parallelo Krux: un'anima che era nata con l'aspettativa di caratterizzarsi per un sound diverso da quello della "casa madre", ma che ha inevitabilmente finito col coincidere con il doom candlemassiano che tanto ha fatto scuola in Scandinavia ed Europa. Eppure questo non significa essere la brutta riproposizione dei Candlemass, realtà che invece accade sempre più spesso nel fitto sottobosco dei side project. I Krux sono riusciti a tirar fuori lavori sicuramente imparentati con il "mostro" ma allo stesso tempo dotati di un'elevata qualità, capace di distaccarli dalle ombre di Messiah Marcolin e Robert Lowe. Il merito va oltre che a Edling, sempre capace di districarsi in un genere che ha contribuito a creare, all'ugola di Mats Levén, da poco entrato nei Candlemass per concludere i vari live dopo la dipartita di Lowe.
Quindi dopo un inizio sfolgorante, ecco arrivare "II", secondo parto non all'altezza del primo, cui segue a cinque anni di distanza "III - He who sleeps amongst the stars", uscito nel novembre del 2011. Il ruolo e il peso delle tastiere di Carl Westholm diventa maggiore, per un lavoro che a partire dall'artwork si presenta con le sembianze di uno space doom, atipico quanto epico. Pathos, riff monolitici ma debitori alla NWOBHM, atmosfera densa di epicità, chorus ben congeniati. C'è tutto quello che un buon cd doom richiede: inutile dilungarsi sulla varia composizione dei brani. Basta citare le song meglio riuscite per capire come la proposta del combo sia valida e varia: "Emily Payne" è un omaggio ai Black Sabbath del primo periodo, "Small deadly curses" è una perla di heavy/doom, caratterizzata da un chorus perfetto e anthemico. Ma il pezzo che più di tutti catalizza l'attenzione dell'ascoltatore è la lunga "Prince Azaar and the invisible pagoda", la summa di quanto detto finora, emblema esplicativo dello stile e dell'anima di Edling e soci.
Il resto dell'album si mantiene su livelli più che buoni e al contrario del lavoro precedente ("II", 2004), non si registrano cali di tono. Non si sa se l'avventura dei Krux sia finita al pari di quella dei Candlemass, ma l'ultimo lavoro partorito dal gruppo svedese è senza ombra di dubbio un'opera in cui si manifesta la sapienza e la conoscenza del genere da parte di musicisti competenti, con Edling in prima fila. Disco positivo, che farà le gioie degli amanti del metal più lento e non solo.
1. "He Who Sleeps Amongst The Stars" (4:58)
2. "The Hades Assembly" (7:07)
3. "Emily Payne (And The Black Maze)" (4:51)
4. "Small Deadly Curses" (5:29)
5. "Prince Azaar And The Invisible Pagoda" (10:40)
6. "The Death Farm" (4:43)
7. "A Place Of Crows" (7:28)
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