THE DARK SIDE OF ICELAND
Dimenticate il candore freddo , ma al contempo "domestico" e "accogliente" di tutta la musica contemporanea islandese, quella dei Mùm, dei Sigur Ròs, e che, talvolta, rientra persino nell'eclettica carriera musicale della diva dei ghiacci per eccellenza: Bjork (pensiamo al capolavoro "Vespertine", disco di crepuscoli e stupori infantili, di neve che si sgretola e poesia). Ed è proprio Bjork la voce di questo album, con i KUKL, una delle tante band in cui fu la vocalist prima di raggiungere la gloria con i Sugarcubes e con la carriera solista, che pubblicarono due album: questo "The Eye" (1984) e il più ostico, quasi teatrale, "Holidays In Europe" (1986). Figli della new-wave e del punk, i KUKL descrivono il loro universo musicale con suoni ruvidi, ma anche raffinati, squarci di ombre, di inferni e di salti nel vuoto.
E dicevamo di dimenticarci della bellezza silenziosa di certa musica nordica che è quasi sussurrata e deliziosa, perchè questo album gronda di sensazioni che portano in oblii indefinibili, scatenati da mostri con fauci enormi e creature invisibili. Un esordio con il botto, che si disgrega in otto pezzi imprevedibili e, spesso, naif, ma che rimangono impressi: dalla memorabile "Anna" (indimenticabile anche il video musicale in cui una giovanissima Miss.Betulla con taglio a caschetto viene agghindata come una sposa delle tenebre), pezzo splendido e contagioso, quasi tribale nel suo inquietante incedere di organo e batteria, alla rozza e meravgliosa apertura di "Assassin", passando per un bell'easy-listening della sostenuta "Dismembered" e l'irresistibile riff di chitarra che scatena urla e universi paralleli sott'acido nella bellissima "Seagull", forse dettata anche dalla legge dell'improvvisazione: musica libera, ancestrale, spesso devastante e sofferta.
Un disco che ha la spontaneità e la dolcezza di un bambino che guarda il mondo per la prima volta, nonostante certi abissi cupi che può scatenare, come nella ludica e gioiosa "Open The Window And Let The Spirit Fly Free", trascinante nella sua indecisione di essere speranza o disperazione, persa com'è nell'euforia violently happy ingiustificata e un magone che si scatena nell'anima come una furia devastante.
Denso e ispiratissimo, "The Eye" è un disco che in pochi ricordano, ma sicuramente impressionante e in grado di gettarti con grazia in un'apocalisse sonica. Dettato da umori di ogni genere e di sensazioni che viaggiano tra una nota e l'altra, è un album che si fa riascoltare sempre con sorpresa, figlio di un amplesso tra il disagio puramente adolescenziale, l'età adulta e l'ingenuità infantile. Da non perdere, "The Eye" è l'urlo di un'Islanda persa nella neve e nella nebbia, ma che non ha paura di gridare, anche sussurrando, le sue introspezioni magiche.
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