Penso che il disco “Blues For The Red Sun” sia la dimostrazione di un gruppo estremamente libero di fare cosa vuole senza scendere a compromessi.
Ai Kyuss non interessa vendere qualche copia in più o finire su MTV, quello che per loro importa è fare ottima musica, anche senza testi o con una frase stupida ripetuta per tre minuti.

Gli anni ’90 sono stati molto produttivi; l’era grunge non è solo una corrente che può piacere o no, è stato un periodo di rivoluzione musicale, con i Nirvana che dicevano tutto ciò che volevano e altri gruppi che non volevano vendere ma solo cambiare il concetto di musica.
I Kyuss fanno parte della seconda categoria e purtroppo ora non suonano più da anni (forse appunto per lo scarso successo –e comunque non quello che si meritavano).
Le 14 canzoni che compongono l’album portano a un viaggio interiore attraverso un’altra dimensione (…che la cosa piaccia o no) e perfino l’ascoltatore più fissato con i virtuosismi di chitarra non sarà in grado di evitare questo viaggio. Si perde quasi la concentrazione, non perché l’album è noioso, ma per la grande capacità di far riflettere. Il genere è uno stoner rock -anche se come definizione è riduttiva- ma le idee geniali del gruppo rendono il disco davvero interessante. Diverse tracce non durano più di due minuti perché servono da intermezzi fra una canzone e l’altra; le altre vanno dai quattro ai sette minuti. Ancora dopo 13 anni dalla sua uscita, questo disco riesce sempre ad emozionare e non stancare mai nonostante la registrazione non sia proprio perfetta come gli album delle rockstar dell’ultimo decennio. Da avere se amate i Queens Of The Stone Age.

Carico i commenti...  con calma