Parola d'ordine: ritmo.

Strutture malate e maniacali, ipnotiche, dall'equilibrio instabile, ma perfetto, tra fredda tensione e calda passione latina. Metafora del moderno animo umano. Percussioni, distorsioni e ancora percussioni… Spanglish (minestrone anti-grammatico di spagnolo e inglese).

Niente di semplice, nulla appare facilmente memorizzabile, ma comunque ti fa muovere, battere i piedi; le tue dita impazziscono frenetiche su di un ipotetico tamburo immaginario senza neppure chiederti il permesso… Tutto diventa utile, il tavolo, le ginocchia, basta seguire quel ritmo che tanto non riuscirai mai a ricordare.

Cos'è? Crossover, Rap, Nu- Metal, Tribale, Funky, Hardcore?… Non direi! Tutto e niente. Isterismo vocale per semplicità lirica (?!?), concetti tanto semplici, espressi in modo talmente vario e sclerato che spesso finiscono per soffocarsi con il loro stesso cordone ipnotico. Il Laberinto ha 2 uscite, anzi, 2 percorsi, ma devi correre in entrambi per riuscire a capire qualcosa.

Il primo ha i colori caldi, quasi sfacciati dei pazzi ritmi venezuelani. Tra bonghi e tamburi bisogna stare attenti a non perdersi nel ritmo e non fare l'errore, facile ma fatale, di focalizzare solo quello e non dare la dovuta attenzione alla musica nel suo panorama generale. Perdere di vista il resto, infatti, sarebbe una svista imperdonabile.

Il secondo percorso, d'altronde, non sarà così semplice: chitarre gelide, pesanti e taglienti si contrappongono, con la loro distaccata prepotenza, al primitivo e incontrollabile flusso delle basi ritmiche, delineando sperimentazioni che a tratti ricordano i più innovativi Korn degli esordi e a tratti le contaminazioni post-Thrash degli ultimi Sepultura targati Cavalera (Max naturalmente).

E questo risulta, nello scorrere, un punto cruciale: molti infatti potrebbero intendere i Laberinto come una copia, o un tentativo di emulazione, dei succitati Sepultura o dei primi(tive) Soulfly. Ma non fatevi ingannare, sarebbe ingiusto giudicarli in questo modo, per una semplice ma fondamentale differenza: Nei "figli di Cavalera" le percussioni ricoprono una parte fondamentale ma che quasi sempre si sottomette alle divagazioni e accelerazioni chitarristiche che fanno da perno portante e principale di tutte le canzoni (come se i tempi fossero dettati dalle chitarre), risultando "di contorno" nell'economia generale dei pezzi; nei Laberinto, invece, le percussioni sono le assolute protagoniste di ogni momento, dettano i tempi, si impongono su tutto e sottomettono qualsiasi altro strumento ai loro voleri.

Risulta quasi impossibile gestire un track-by-track recensivo, vi basti sapere che, anche all'interno dei singoli pezzi, si passa con disinvoltura da fraseggi al limite dell'Hardcore più pesante a parentesi melodiche, che, in momenti estremi, vanno a toccare addirittura il mambo e samba… Ma c'è molto di più… Furiose battaglie percussioni-vs-chitarroni, introduzioni Industrial, momenti decisamente Metal e stacchi dai marcati riferimenti Crossover e Rap con il cantante che impazzisce in risate isteriche ("Freakaeo") che ben si sposano con la sua allucinata impostazione vocale che molto deve all'alternative e al punk. Insomma, un bel minestrone dove però tutti gli ingredienti vengono ben valorizzati e distinti per esaltarne il sapore finale, che vi resterà in bocca ma che a molti farà storcere il naso.

Ecco, forse è proprio questo l'unico punto "debole" dei Laberinto: la loro predilezione per la varietà e la totale non linearità della musica proposta risulta difficilmente assimilabile e perde qualsiasi caratteristica di "accessibilità", che si, molto spesso fa rima con commerciabilità, ma che, forse, in questo caso, sarebbe servita per catturare più velocemente l'attenzione dell'ascoltatore (non pensate nemmeno di riuscire a canticchiare le melodie di quest'album sotto la doccia)…

Attenzione però… Questa non è musica "seria" o "impegnata" (come alcuni lavori progressive o fusion per intenderci), ma musica "allegra" e il più delle volte ironica… Semplicemente richiede la piena attenzione dell'ascoltatore per essere recepita e capita fino in fondo (fermarsi alle apparenze sarebbe, ripeto, un grave errore).

Per chi la musica la vive dedicandole piena attenzione e per chi è alla ricerca di qualcosa di diverso nell'inflazionato mondo della musica "dura", questo lavoro potrebbe essere una piacevolissima scoperta… Per chi, invece, intende la musica come "sottofondo", e non le concede la meritata concentrazione, beh… state alla larga da questo gruppo e, forse, sarebbe anche il caso di chiedersi cosa ci fate su questo sito.

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