L'anno che sta finendo ha visto la nascita di un gran disco nel panorama prog/power italiano: sto parlando del bellissimo "Freeman" dei Labyrinth, un album che rinchiude in se un'amalgama di stili e generi musicali completamente diversi ma perfettamente compatibili tra loro. Nato come fondamentale punto di svolta nella carriera di questi fantastici musicisti, "Freeman" racchiude in se spunti provenienti prevalentemente dal metal ma anche dal rock progressivo fino ad arrivare a dei veri e propri stacchi jazzistici; questo connubio di generi, 'sì tanto bene fusi tra loro è stato raggiunto anche grazie alla tecnica dei singoli musicisti, i quali grazie ad un'elevata preparazione strumentistica riescono a comporre tappeti sonori composti dalle più differenti influenze musicali.
Formato da 10 canzoni, l'album scorre via meravigliosamente, alternando momenti calmi e introspettivi ad altri più violenti e tirati, determinando così una forte eterogeneità generale che non sfocia (per nostra fortuna) mai nel caos compositivo: ne sono un esempio lampante la bellissima track d'apertura "L.Y.A.F.H.", che tra parti trasheggianti ed altre vicine al power più melodico, si presenta strutturalmente complessa e ben articolata, adornata da un testo particolarmente gradevole e ricercato, che ben si accosta alle melodie della canzone. Eccellente la track seguente "Deserter", che dopo un delicatissimo intro accompagnato da un sognante arpeggio di chitarra, esplode in una potente song che tanto ricorda il primo periodo dei Labyrinth: dopo quest'eplosione di energia la canzone torna su territori più controllati e calmi, con una strofa nella quale basso e voce sono in primo piano, accompagnati sullo sfondo da chitarra e batteria. Fantastico e emozionante il ritornello. 3 traccia ed ancora grandi emozioni, questa volta meno delicate e più orientate su intrecci di power e progressive metal, così si presenta "Dive In Open Water". La descrizione di ogni singola canzone diventa purtoppo inutile, perché cotanta bellezza è veramente rara da trovare, ma voglio spendere altre due parole per "Face And Pay", canzone dal fascino non indifferente, che tra improvvisi cambi di tempo e toni, si trasforma grazie ad uno splendido intramezzo dal fortissimo sapore jazz/fusion per poi tornare alle tanto amate tonalità progressive/power.
Detto questo posso anche chiudere la mera descrizione dei brani, parlandovi invece di quanto sia contento che questa volta i nostri abbiano optato per un suono vero, quindi senza batteria plastica e corretta al computer, nè tanto meno ad uno sconsiderato utilizzo di tastiere troppo futuriste. Per il resto bhè... la voce è sempre fantastica, gli assoli di chitarre e tastiere sono fantastici. Purtroppo la produzione è veramente insufficiente, rischiando di far perdere qualche cosa in fase di ascolto se la vediamo con un'ottica del piacere di ascolto in un arco di tempo lungo. Ora sta a voi cercare di entrare in questo viaggio senza tempo, senza aver paura di non far più ritorno. Buon ascolto.
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