Confusione, ecco cosa ho provato dopo aver ascoltato l'ultima fatica dei Ladytron, non perchè le canzoni contenute nell'album siano brutte, per carità, ma è come se ci fosse un senso di "già sentito" in tutto l'album.

Eravamo abituati ad una band in continua evoluzione, partita da un electro-clash pacchiano ("Evil" sembrava uscita da un album di Gazebo, ve la ricordate "I Like Chopin"?) ed arrivata a sonorità al limite dell' electro-dark con "The withcing hour", ottimo disco che fece scomodare persino sua maestà Reznor che li portò in tour con i suoi Nine Inch Nails; arrivati a questo punto, superato il disco della conferma (il terzo album della band secondo la regola generale), la sensazione è che si sono stabilizzati per non compiere passi falsi.

"Velocifero" non è male, intendiamoci, solo che soffre di una apatia di fondo che lo rende noioso, ripetitivo, un po' perché i Ladytron sono tanto cari alla formula "big is better" (non esistono album dei Ladytron con meno di 13-14 canzoni), un po' perché queste batterie elettroniche hanno tutte lo stesso groove e lo stesso sound, appiattendo un'atmosfera già di suo troppo "asettica".

 Tra ombre e luci è giusto citare anche la bellissima "Kletve", dove una batteria più "indipendente" (ma soprattutto con suoni reali) fa da tappeto ad un cantato in  bulgaro che dona alla canzone un'atmosfera balcanica, riuscendo a spezzare la monotonia che aleggia in tutto l'album, e anche le due chicche  "Black cat" e "Ghost" (quest'ultima tra l'altro è anche il singolo di lancio) .

Per il resto, chi li conosce sa cosa aspettarsi, chi invece li ha sentiti di sfuggita farebbe meglio a dare un'ascoltata "preventiva" ad un album che, a parte qualche canzone, si focalizza troppo su una struttura cardine fino a diventare eccessivamente ripetitivo; questo non è per forza un difetto, assolutamente, ma visto che stiamo parlando dei Ladytron, mi aspetterei qualcosa di più.

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