I primi anni novanta sono fertili per il genere punk e derivati che torna alla ribalta e sulle scene a distanza di due decenni dai suoi albori. E il proliferarsi di gruppi che suonano i cosiddetti tre "accordi" ma pure no aumenta di giorno in giorno facendo la felicità di molti e la disperazione di qualcuno.

I Lagwagon al pari di Millencolin, No  Use For A Name, Green  Day e Offspring si formano a cavallo tra fine anni ottanta e inizio novanta. Si proprio i '90 l'era di Clinton, dei McDonald, dei mainframes e del consumismo esasperato di massa.

E' pure l'era di MTV che comincia a interessarsi al fenomeno, trovando un nuovo genere/modo per fare nuovi dollaroni freschi e far sprofondare nell'abisso della commerciabilità vari gruppi (ma con il conto in banca salito stile Zio Paperone).

C'è da essere contenti che in questi periodi a venire preso di mira non è più il "nu" punk, ma a dominare la scena sono gruppi di  ragazzini poser con look da circo e affini (ogni riferimento è puramente casuale). Una buona notizia arriva dal fatto di vedere che un genere strasputtanato nel corso degli anni abbia perso parte di quel appeal e adesso il ‘panc croc' viene seguito non perché fa figo, ma solo da chi veramente questo genere lo appassiona indipendentemente da mode o quant'altro.

Tralasciato il periodo e la massa andiamo ad analizzare in maniera implicita questo lavoro discografico dei Lagwagon.

Con "Hoss" i Lagwagon del frontman Joey Cape arrivano al terzo album, seguito di "Trashed" dell'anno prima. Lo stile che pervade tutto il disco è il più classico hardcore melodico new school. Tanto che lo stile un po' ricorda i NOFX. Da segnalare che in questo disco dietro le pelli troviamo Derrick Plourde, ex batterista della band, morto qualche anno fa e a cui il gruppo ha dedicato il loro ultimo disco "Resolve".

Le canzoni sono tutte molto simili sia come durata (siamo dai due minuti scarsi ai tre minuti o poco più), sia come contenuti proposti. "Violins" e "Sick" sono le canzoni che hanno reso celebre il cd da molti ritenuto il loro migliore di sempre. La prima citata è sicuramente il picco dell'album, anche se entrambe non sono velocissime a parte le sfuriate finali. In effetti ricordano molto più i primi Green Day che gruppi hardcore.

Altri pezzi sicuramente da menzionare tra i migliori sono le velocissime "Name dropping" e "Weak" mentre convincono a pieno gli sbalzi di ritmo di "Sleep" che parte lenta e poi ingrana la quarta non fermandosi più fino al rilassato finale. Tra quelle della seconda parte da citare soprattutto la classica "Bro dipendement". L'ultima "Ride the snake" invece ha i connotati di una romantica canzone campestre, anche se è tutt'altro che dolciastra.

C'è da dire che nei vari pezzi sono riscontrabile piccole particolarità come assoli di chitarre, intro di batteria e giri di basso, se non che a tratti il gruppo esageri diventando troppo virtuoso e esagerando con le parti strumentali. Proprio il ricorso a diverse parti strumentali rappresenta un po' la loro peculiarità e il loro stile che li contraddistingue.

Non si riscontrano particolari pecche, a parte la mancanza di una maggiore varietà dal punto di vista compositivo che non avrebbe fatto che rendere il tutto un po' più arioso e fluido. Per chi invece odia a morte lo ska e lo skapunk  che farciscono gli album dei NOFX e dei Millencolin (si veda il primo disco) dico di stare tranquilli: qui non ci si concede nessuna divagazione sul tema.

Per farla breve, un buon album piacevole, melodico e tradizionale in pieno stile Lagwagon primi tempi.

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