Vi prego di prestare attenzione come scriva a luglio di un concerto tenutosi ad aprile, a quasi tre mesi esatti di distanza. Ci sono tre buoni ragioni che mi hanno spinto in tal senso:

  1. Quello dei Lali Puna è stato il miglior concerto della stagione romana: per affermarlo ho voluto aspettare appunto che la stagione si concludesse;
  2. Durante il loro concerto, Lali Puna sono stati capaci di sprigionare energia impressionante, mantenendo il suono nitido, dettagliato, come luce attraverso un prisma: a distanza di quasi tre mesi, vi assicuro, conservo in modo altrettanto nitido le sensazioni che ho provato;
  3. Sono in ferie da domani :-)

Come a Bologna (a quanto leggo da quanto ha scritto Donzaucher), cominciano dopo mezzanotte, dopo più di un'ora di quel rapper che tanto male non è, ma certamente non al loro livello, senza personalità (che poi, per un rapper, è tutto)... Se a Bologna il giorno dopo lo avranno scusato adducendo problemi tecnici, mi piace pensare che i miei copiosi fischi possano esser valsi a qualcosa ;-)

In un locale dalla rinomata cattiva acustica, venivamo penalizzati anche da un affollamento eccessivo, da non potersi nemmeno spostare.

Il concerto, cominciato così nel peggiore dei modi, ha però trovato subito la sua dimensione non appena i Lali Puna hanno cominciato a suonare. Quando è apparsa (la voce di) Valerie Trebeljahr, poi, noi presenti siamo caduti come in ipnosi. È in effetti questa la peculiarità dei Lali Puna: il suono è elettronico, "ad effetto", dove le tastiere si modulano sul passo "segnato" da un basso morbido, rotondo, verso il caldo senza mai superare quel limite che lo sovraesporrebbe e lo slabbrerebbe... la batteria è incessante, sbattuta, "picchiata", al punto che quasi ti viene da pensare di essere alla fermata della metropolitana con i treni che s'incrociano. In tutto questo sfavillare, laddove nei Can Suzuki partiva piano e alla fine si lasciava travolgere per partecipare, la voce di Valerie arriva chiara, sottile, quasi "secca". Si pensi all'immagine di Akira, dove si aprono le strade e il protagonista resta immobile e superficialmente calmo. E i Lali Puna riescono ad ipnotizzarti.
Tutto questo è evidente in "B-Movie" e "Left Handed", le interpretazioni del nuovo corso che li hanno posto evidentemente sul trono di una scena che li vede troppo repentinamente senza rivali.

Il solo rammarico è che Faking the Books non riesce a restituire da studio quello che ci hanno assemblato dal vivo, presentandosi, in rapporto, come un lavoro quasi scadente.
4 e non 5 perché non si ammassano i cristiani come non vanno ammassate neanche le bestie.

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