Forse era lecito aspettarsi l'ennesima uscita "blackgaze" da parte dell'affiatato duo Herbst/Neige, ma per fortuna "Agape" coglierà alla sprovvista un po' tutti. Intendiamoci: personalmente amo ".neon" e trovo sia uno dei picchi più alti raggiunti in campo post-black; eppure un altro disco ispirato alle stesse sonorità sarebbe risultato come al solito un ascolto piacevole ma fondamentalmente stagnante e di maniera (e l'intero sottogenere, già a pochi anni dalla sua nascita, lo sta diventando). Herbst è un grande artista e come tale ha preferito non adagiarsi, continuando il proprio percorso in modo autonomo finalmente libero dalle tendenze e dal germe della musica alcestiana. E il cosiddetto "post-black" compie così un passo indietro, un elegante scarto a lato e due falcate in avanti. Post-post-black, appunto.

"Agape" è l'album più intimo e personale di Herbst, e si sente: rifugge le etichette, richiede pazienza ed empatia, parla con la sua musica misteriosa, suona con le sue parole lacerate e persino coi suoi silenzi e vuoti. È criptico, minimale, oscuro, espressionista, inquietante, slabbrato e fin troppo breve nei suoi 35 minuti. Ma qualche ascolto più attento servirà a capire che, in fondo, in quei fragili, sfuggenti, angusti 35 minuti Herbst ha voluto esprimere tutto quello che si sentiva di dire e che effettivamente c'era da dire, nè più nè meno. Tutto il resto sono solo elucubrazioni di contorno con le quali sinceramente non ho intenzione di tediarvi in sede recensoria; è pura incomunicabilità. Ma, se queste poche semplici righe non vi sono bastate e davvero volete sapere qualcosa di più profondo riguardo ad "Agape", vi garantisco che uno sguardo alla sua meravigliosa copertina vale più di qualunque verbosa e accurata analisi.

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