Proprio non ce la faccio.  

So che dovrei evitare come la peste le pagine dell'NME, ma puntualmente, per abitudine o per noia, vado a dare un'occhiata, se non altro per leggere cosa succede oltre Manica, dove, checchè se ne dica, l'industria del rock è sempre fra le più trainanti, una sorta di elemento tradizionale, folkloristico ed imprenscindibile nella vita in Albione. Leggo sto nome, Larrikin Love, diverso dal solito "The .....s", entro e scopro che per loro l'NME ha coniato una nuova etichetta, il Thamesbeat! E che sarà mai? Approfondisco, perplesso e dubbioso, sospettando l'ennesima presa in giro, ma non abdico, attratto dalla notizia che tra gli ospiti figura niente meno che Patrick Wolf, autore dello splendido "Magic Position". Decido di procurarmelo, senza spese, caso mai lo cestino o al massimo lo parcheggio, sino alla prossima new sensation.

Play: altro che Thamesbeat, questo è il classico punk reaggeggiante (con buona pace del Tamigi), di chiaro stampo Clash-iano, già riproposto in varie salse dai Doherty boys, ma con qualcosa in più che li contraddistingue. I LL innestano con fare semplice e mai banale tocchi di violino vagamente tzigano, che fa virare il suono verso territori folk, che li avvicina più verso i Pogues, soprattutto in "Fall at the Feet of Rea". I primi due singoli ("Six Queens" e "Edwould"), piazzati giustamente in apertura dopo una breve intro, mostrano subito l'abilità nel manipolare gli ingredienti, passando tranquillamente dal punk più sfrenato al reggae e al folk più scanzonato. In "Downing Street Kindling", si urla all'Inghilterra che non ha più nulla da offrire, perchè tutto ciò che l'autore adora è vunuto prima del 1984, percui auspica un falò a Westminster con la porta di Downing Street. "Well, Love Does Furnish a Life", brit-pop song che si rifà alla tradizione Smiths-iana, completa il quadro di una sorta di sbandierata volontà revivalistica di un'epoca, gli anni ottanta, tanto cara ai nostri e che, ancora oggi, continua a far battere i cuori di chi in quegli anni veniva concepito.

In definitiva, un album piacevole, che fila via liscio e veloce, per un totale di undice tracce e trentatre minuti, all'insegna di un genuino sbraco, tra un pogo, un ass shacking e una pausa volutamente nostalgica. Una sorpresa inaspettata e perciò benvenuta, per chi è stufo e saturo di un panorama ormai monotematico, che è diventato ultimamente il rock popolare made in UK. Non necessario però stuzzicante.

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