Il sesso è l'aspetto più sopravvalutato dell'esistenza umana, almeno per noi occidentali. I tabù che racchiude, i traumi di cui è condito sin dall'infanzia (scomodiamolo pure Herr Freud) sono l'immagine della nostra fragilità. E dicendo "nostra" intendo della nostra cultura tradizionale, quella più patriarcale, dei ruoli rassicuranti, della famiglia old school, della ragazza che sta al suo posto e subisce quasi il desiderio sessuale, cedendo all'atto come a respirare un'aria tossica: un male inevitabile.

Lars Von Trier affronta l'argomento sesso per seminare in terra fertile il suo consueto nichilismo animalista, e rilancia la sua visione dell'uomo-bestia (o macchina se preferite), che agisce sotto l'egida di pulsioni incontrollabili che annullano di fatto ogni morale, rendendola sterile ipocrisia. La protagonista di Nymphomaniac è ossessionata dal sesso in ogni sua forma e ne esplora ogni anfratto: da quello ludico nell'adolescenza a quello maturo e passivo, fino alla sostituzione del pene con una pistola, grazie alla quale riesce a formulare in senso compiuto l'equazione virilità uguale violenza.

I personaggi del film si muovono lungo i fili di una ragnatela, ma sono fili di acciaio, indistruttibili e taglienti: il desiderio chimico che possiede come un dèmone, la donna-cacciatrice che pesca i maschi come un pescatore le trote in uno stagno (che speranza hanno queste fragili creature totalmente dominate dall'istinto sessuale?) e si fa dominatrice, cinica e bestiale, completamente privata della sua funzione riproduttiva, di utero-culla della vita, Stella Maris, si fa Artemide-Diana in quanto a sterilità ma non nell'atto di inglobare in sé il maggior numero possibile di membri maschili.

Tuttavia il film è lunghissimo (sono addirittura due film) e questa serie di quadri di schiavitù passionale, presentati col trito escamotage del racconto a posteriori, spesso scadono in una pornografia di fatto. Non è più la nudità o l'evidenza esplicita dell'amplesso a essere pornografica, quanto piuttosto la volgare volontà di ribadire un concetto fino allo sfinimento che offende il comprendonio dell'osservatore che non si lasci sedurre dai feromoni liberi, dalla crudezza delle scene, dal già visto, da questa figura di Don Giovanni al femminile che però è parodistica, depapeurata com'è del febbrile (e ultraterreno) spirito di conquista poiché, se così fosse, Von Trier dovrebbe ammettere l'esistenza di un lato spirituale della sessualità che con forza si ostina a rinnegare: per lui non esiste il dionisiaco ma solo il ventre o, meglio, le frattaglie. Nella fredda notte boreale di Von Trier non c'è spazio per i sentimenti che non siano usati come fili da un burattinaio inconscio, e men che meno c'è spazio per l'amore che è ridotto al ruolo di metafora, spogliato di ogni potere salvifico o di redenzione, schiavizzato e umiliato o quantomeno ridimensionato alla stregua di mito o divinità ormai morta.

Da un punto di vista narrativo, i personaggi non mostrano significativi mutamenti di condotta o convinzioni, restano oggetti opachi illuminati da una fotografia livida, impenetrabili alla vista dello spettatore al quale viene lasciato il solo libero arbitrio di assistere a questa simulazione di esistenze schiavizzate, la prima è quella di Joe, la protagonista, che sanguina, si ricuce, guarisce dai lividi e torna sé stessa in un moto perpetuo alimentato da una fonte di energia oscura. Ed è un peccato perché se il film fosse durato molto meno, col cast che si ritrova (fra i tanti: Charlotte Gainsbourg, Christian Slater, Uma Thurman, Hugo Speer, Willem Dafoe) e una scrittura differente, avrebbe potuto essere, se non godibile, almeno apprezzabile.

Von Trier invece si cura poco del comunicare, anzi, fa di tutto per suscitare la morbosità della stampa, degli addetti, del pubblico: vuole attenzione, desidera essere detestato (o, ciò che è lo stesso, amato solo da chi condivide la sua medesima visione dell'esistenza) ed è per questo che non avrà il minimo in questa mia trascurabile recensione. Solo che siete avvisati, se proprio volete vedere Nymphomaniac fatelo in piccole dosi omeopatiche e subito dopo divertitevi, immergetevi nella vita, ubriacatevi, ballate. Perché quando il tempo è finito si muore tutti e non è mai troppo tardi per spassarsela e per trovare anche un senso alla propria vita che va oltre il meccanicismo termodinamico di Von Trier. Ma ovviamente Von Trier è Von Trier e io sono la signora Nessuno.

Carico i commenti...  con calma