In quest'album ci sono impressionanti chiaro-scuri, disegni colorati a pastello ed acquarello da un bambino, la pioggia che picchietta sui vetri. Il mondo di l'Aura è come quello della fiaba di cappuccetto rosso: ora tranquillo, ora inquietante.
Gli scenari di "Okumuki" sono filtrati attraverso gli occhi innocenti di un bambino. Il nero della notte con le sue esili figure di alberi spettrali dai quali provengono i notturni e sinistri versi del gufo, il rosso infuocato di un romantico tramonto su una spiaggia, il giallo di un campo di girasoli in piena estate, il verde di un albero di mele in primavera, una vecchia stanza con un camino dalla fiamma ristoratrice e delicata ed una sedia a dondolo, sulla quale sedersi per sfogliare un vecchio album di ricordi e, poi, guardare dalla finestra, e scorgere le foglie che cadono dagli alberi in autunno: tutto questo si fonde e crea una realtà magica, abitata soltanto da creature fatate che, anche nel peggiore degli incubi, ci rassicurano con la loro voce dolce e soave, come quella della cantante italiana, vera rivelazione dell'anno all'interno dello stantio panorama pop italiano.
I testi sono bellissimi; la forza delle parole di "Irraggiungibile", canzone proposta al Festival di Sanremo 2006 (luogo indegno del talento sofisticato di L'Aura), è pari a quella di un quadro espressionista.
Veri protagonisti dell'album sono anche gli strumenti, mai relegati ad una semplice funzione di sottofondo ma sempre amalgamati alla perfezione con la struggente voce della cantante. Il piano, accompagnato da strumentazione acustica come archi, chitarra e basso, è lo strumento che va per la maggiore; per tutta l'ora di durata dell'album sa suonare allo stesso tempo ironico, fatato, incantato, sbarazzino, romantico, allegro e malinconico. Tutto è naturale, curato nel dettaglio ed intenso. Qui non c'è la minima presenza di beat elettronici, ma solo pura vibrazione, dimensione di sogno e realtà parallela.
Quest'album non è il solito prodotto studiato a tavolino che le case discografiche tentano di propinarci come la nuova rivelazione del pop italiano. È un album vero, che viene da dentro e non si abbassa ad alcuna logica commerciale, a rischio (e merito) di essere apprezzato da pochi. L'aura, come a tempo debito fece un'altra giovane ragazza italiana, Elisa, ha dimostrato a tutti che anche il pop può trascendere i limiti della banalità, della superficialità e del già sentito e regalarci qualcosa di veramente piacevole.
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