Once upon a time, quando la filmografia era disponibile unicamente in bianco e nero e i soli strumenti utili allo spettatore erano bulbi oculari cristallini e padiglioni auricolari funzionanti (i simpatici occhialetti erano, ahimè, ancora sconosciuti), le sale cinematografiche di mezzo mondo proiettavano cortometraggi intenti a narrare le disavventure di due personalità a dir poco bizzarre.
Il primo, un secco, pallido omino, versione "imbastardita" dell' "English Man", era noto al pubblico per la sua infantile ingenuità, causa di troppi guai. L'altro, una mastodontica e pachidermica figura, si sforzava, con risultati risibili, di interpretare saccentemente un uomo serio, inflessibile, razionale, tuttavia egli stesso diventava promotore di sventure ancora più catastrofiche del degno compare.
La coppia in questione si chiama (meglio, si chiamava) Stan Laurel & Oliver Hardy, per i meno anglofoni Stanlio & Ollio, dall'inconfutabile genialità.
Hanno sfornato una comicità talmente sopraffina da essere divenuta LA comicità per antonomasia dei Thirties, assieme agli esimi colleghi Keaton e Chaplin. E, a ottant'anni dall'epoca d'oro che aveva contraddistinto la loro carriera, più volte cala un velo di malinconia e nostalgia, specie se si confronta quell'umorismo cinematografico, tecnologicamente acerbo, privo di trucchetti e marchingegni, semplice, schietto, tuttavia brillante, con l'odierno humour, a tratti volgare e banalotto e, forse, troppo politicamente schierato, spesso privo di spontaneità e imparzialità.
Attraverso la "mediocrità" e la "trivialità" incarnata nei personaggi di Stanlio & Ollio, Hal Roach, "padre" della celebre coppia, ha iperbolizzato le frustrazioni e le ambizioni, spesso inascoltate e vanificate, dell'Americano medio, dell'apprendista borghese intento a farsi strada nella complessa realtà economico-sociale degli Stati Uniti, investendo non solo l'ambiente caotico/cosmopolita/ massificato delle metropoli e della Grande Mela, ma anche la vita agreste, gli immensi campi del Mid-West. Laurel & Hardy, poi, si sono prodigati di esprimere umoristicamente e tragicomicamente il dramma, la disperazione ed i patimenti seguiti alla Grande Depressione, dissacrando in modo fittizio quel così decantato "American Way Of Life", ritenuto, fino al 1929, inossidabile. Un connubio realismo - comicità divenuto satira per eccellenza.
Confesso che il duo comico è stato uno dei preferiti del sottoscritto ed ancora oggi, alla visione dei suoi lavori, è inevitabile l'ilarità generale. Difficile, perciò, scegliere il "migliore" tra il vasto catalogo Laurel-Hardy. "La Scala Musicale" ("The Music Box") è forse l'emblema cinematografico dei due allegri "pasticcioni". Premio Oscar 1932 per il Miglior Cortometraggio, rappresenta la summa della comicità made in Stanlio & Ollio, più precisamente riassume in una mezz'ora scarsa la grande tecnica umoristica dei due attori, la stessa che regala le gag e gli sketch più spassosi e divertenti.
Sintetizzando in modo spiccio la ben costruita trama, il corto narra i disastri attuati dal duo, ivi nei panni di trasportatori/facchini poco manuali e scarsamente esperti, costretti ad affrontare una lunga scalinata con una pianola sulle spalle, regalo di compleanno della Signora von Schwarzenhoffen a suo marito Theodore (Billy Gilbert), stimato ed aristocratico professore. I buffi disguidi riguardano perlopiù l'incapacità dei personaggi principali di compiere in modo eccelso la loro mansione: non solo consentono al prezioso strumento musicale di scivolare magistralmente giù dalle scale, ma riescono anche a seminare caos e distruzione in gran parte della villetta nella quale era prevista la consegna. La pianola, infine, subisce al termine dell'episodio una semi-demolizione attuata dal Prof. Schwarzenhoffen, giunto accidentalmente in casa sua nel bel mezzo dei pasticci, adirato dalla scomoda presenza dei buffi manovali, gli stessi che lo avevano fortemente infastidito durante la prima, faticosa, ascensione della scala.
L'opera in questione, capolavoro indiscusso di comicità, riesce ad esprimere, in un periodo temporale piuttosto ristretto, il meglio del meglio dell'humour. Il successo del minifilm risiede nella sua semplicità ed immediatezza, offre allo spettatore niente più che la semplice "presa in giro" dell'attività umana, seria e rigida per definizione. Le gag sono spontanee e sincere, nulla è minuziosamente architettato a tavolino, non ci sono trucchi, effetti tecnici, marchingegni chiamati ad "ingrassare" il contesto: è l'immensa bravura dei personaggi, la loro spontanea professionalità, a rendere il corto una delle opere più stimate della cinematografia umoristica.
E' possibile intravedere una piccola "critica" a quella borghesia-aristocrazia americana perfettina ed intransigente: mettendola alla gogna, Laurel & Hardy esaltano l'uomo semplice, senza fronzoli morali e materiali, che si guadagna il pane col sudore della fronte, tiene assai al suo lavoro ed ai suoi precetti etici, affronta impavido qualsiasi barriera che la vita gli pone innanzi.
The Music Box risulta essere una vera e propria chicca della cinematografia statunitense anni '30; a chi è interessato consiglio vivamente anche i seguenti titoli del catalogo Laurel/Hardy: Lavori forzati; I monelli; Muraglie; Un salvataggio pericoloso; La sbornia; Gli allegri legionari.
Sul magnifico Tube è presente in modo integrale, seppure in tre spezzoni, il cortometraggio che ho recensito.
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