Le Luci della Centrale Elettrica si sono riaccese. C'è chi esulta, chi ne avrebbe fatto volentieri a meno. Di luce per questo "Costellazioni" ne è stata prodotta davvero tanta, arriva fino al cielo, illumina tutta l'Emilia. Delle volte si disperde, delle volte riesce ad illuminare una porzione di celeste con storie mai vista fino ora. È importante assumere un punto di vista neutrale.

Vasco Brondi, neanche trent'anni, ritrovatosi dal niente ad essere icona cantautoriale della generazione degli "Anni Zero", quella senza figli e neanche niente da raccontare. Ma stavolta per il terzo album in studio, dopo l'Ep "C'eravamo abbastanza amati", uscito per Repubblica nel 2011, l'approccio con cui si confronta con la sua chitarra è differente. Non si ha più infatti un turbinio di voci autobiografiche che si perdono nella retorica, nei panorami delle case popolari e dei tramonti che vanno a fuoco.

Stavolta Brondi racconta storie. Storie di persone, di vari argomenti, rimanendo sempre sul suo stile comunque criptico, volutamente fraintendibile. 15 tracce, 15 storie o meglio "resoconti", per cercare di dare una migliore visione d'insieme al cielo del panorama musicale. Storie che si connettono, formano costellazioni e che brillano, che diventano nostre, profonde nel nostro animo ce ne appropriamo. Si spazia davvero su molti generi, dal teatrale stile Pierpaolo Capovilla di "MacBeth nella nebbia", all'impronta Battiana di "La terra, l'Emilia, la luna", dalla rabbia ministrica di "Firmamento" fino all'elettronica a sorpresa di "Ti vendi bene". Elettronica che copre spesso buona parte del disco. I suoni stavolta sono corposi, massicci, collegati e ben strutturati. I testi visionari, forse senza senso apparente, di Brondi stavolta assumono nuovi colori, nuove forme e nuove armonie grazie al morbido abbraccio che la parte strumentale ci offre, grazie anche al sapiente lavoro di Federico Dragogna.

La chitarra acustica, marchio di fabbrica, stavolta coopera con un più sapiente uso di percussioni e effettistica, che consentono alle canzoni di elevarsi oltre allo scarno bidimensionalismo dei due LP precedenti. Chiamatelo Pop (il "papapa" snervante di "destini generali"), chiamatelo vendersi (il disco è uscito per la Sony), ma il nuovo disco di Brondi non passerà certamente inosservato.

Certo è che il cantautore, per coprire spazi il più ampi possibile, delle volte esagera, includendo pezzi che non garantiscono l'omogeneità a livello compositivo ("Questo scontro tranquillo", "Blues del delta del Po"). L'obiettivo prefissato è stato comunque raggiunto: dalla spiaggia deturpata possiamo alzare il cielo adesso per la nostra porzione di stelle, alla ricerca della nostra storia, narrata, sapientemente, tra le righe di un bar sulla via Lattea.

Carico i commenti...  con calma