Le luci della centrale elettrica sono state accese, scrive lui, in un pomeriggio troppo lungo e troppo azzurro come progetto di cantautorato denuclearizzato; e mi hanno catturato completamente e a tradimento una sera di giugno tra esami da preparare pigramente e partite di calcio internazionale sopravvalutate.

Mi hanno scagliato addosso un mondo grigio ed una malinconia ostinata. Non me ne sono sottratto, misteriosamente, né mi sono chiesto come sia successo, ma la consapevolezza si è scavata da sola, piano. C'è qualcosa da chiarire su quello che canta questo ragazzo. Non è Ferrara, Bologna, Milano o chissà dove. Non è nemmeno l'Italia, o meglio, è assolutamente l'Italia, ed ognuno di quei posti, ma non è un luogo fisico, non soltanto; è lo stato di una generazione. Ma non è corretto nemmeno questo. Le luci della centrale elettrica sono il malessere di un'età e di un luogo specifico, di mille luoghi specifici e sono sì malessere sociale, ma anche, soprattutto, malessere individuale, filtrato da anima, mente, corde vocali di una persona, di un individuo solo e non imitabile.

Una massa può sbandare, lasciarsi annichilire in silenzio, consolarsi nelle fughe più svariate, magari in maniera perfettamente inconsapevole. E non c'è nulla di aggregante in questo, solo una moltitudine di solitudini.

Che non guarda dentro le proprie giornate, e non trasfigura la realtà, e non coglie la bellezza torbida e malata della tangenziale, del gazometro, delle luci della centrale elettrica. Non sogna, di andare a dare fuoco ai tramonti e alle macchine parcheggiate male, assaltare i cieli e farsi sconfiggere e finire sui telegiornali.

E non tutti amano, in questa maniera totale, salvifica.

In pochi si salvano.

Io mi salvo, e mi salvo con Vasco anche se affondo nelle luci della centrale elettrica pure quando sono al centro di Roma (dove tutto brilla, ma le piazze sono vuote, sono mute, e si alzano i pugni, sì, ma per arrendersi) e sprofondo addirittura nell'erba scolorita dei prati di San Paolo, nel silenzio assordante delle coscienze, delle persone che osservo.

Ma riemergo e sono vivo e alla fine afferro quella sensazione ultima ed ineffabile di precaria armonia, e mi sembra di vederli, mentre alzo le mani dal manubrio, di sentirli

i tuoi capelli,

si capisce, è persino evidente in quella foto,

sono fili scoperti,

mandano luce, piccole scariche di energia.

Elenco tracce e video

01   Lacrimogeni (01:53)

02   Per combattere l'acne (03:18)

03   Sere feriali (02:38)

04   Stagnola (03:14)

05   Piromani (03:50)

06   La lotta armata al bar (03:39)

07   La gigantesca scritta Coop (04:01)

08   Fare i camerieri (03:35)

09   Produzioni seriali di cieli stellati (03:23)

10   Nei garage a Milano nord (04:19)

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Altre recensioni

Di  Blujules

 Puro flusso poetico fatto di città, città che nessuno vuole, dei cieli sopra i quartieri industriali, macchine parcheggiate male...

 È POESIA TOTALE IN MUSICA. Majakovskij senza manifesti, Whitman post-industriale che canta asfalto invece di terra e antifurti al posto dei canti degli uccelli.


Di  Kurtd

 Tu che scrivi canzoni di merda, cosa senza senso che spacci per poesie.

 Questa musica offende anche la Pausini.


Di  Bert

 Delle volte si disperde, delle volte riesce ad illuminare una porzione di celeste con storie mai vista fino ora.

 Dalla spiaggia deturpata possiamo alzare il cielo adesso per la nostra porzione di stelle.