Il concerto delle Luci della Centrale Elettrica è stato commovente. Un pugno nello stomaco estremamente dolce.
Canzoni d'amore e di merda dalla provincia. Canzoni per le spiagge deturpate. Canzoni fatte di frasi sconnesse. Canzoni con frasi messe a caso, dicono in molti. Vasco Brondi ha un blog. Io ho un blog. Io i suoi testi li capisco, li leggo, ed è come se li avessi scritti io. Frasi, pensieri e sensazioni che solo un ventenne di oggi direbbe. Come me e come il buon Vasco. Come tutte le altre persone che ieri erano nel cortile di Villa Mazzacorati a Bologna, sedute attorno al palco in religioso silenzio, per poi urlare in mezzo alle distorsioni assieme a Vasco "che cosa racconteremo ai figli che non avremo di questi cazzo di anni zero" e che "i CCCP non ci sono più da un bel po'".
Le stesse inquietudini di sempre. Gli stessi cuori infranti e le stesse vite difficili che gli amici cantano fra di loro in spiaggia da quarant'anni, con una chitarra acustica e qualche birra. Ma le spiagge oggi sono deturpate. E le birre sono sempre di più. E Vasco ieri si è fatto portare dell'altro rum sul palco, perchè era stato troppo poco lungimirante, ed il concerto è durato più di quanto pensasse.
Venti anni di inquietudini, venti anni da blogger del ventunesimo secolo, raccontate, cantate ed urlate in un'oretta di concerto di un cantautore punk emergente, con il nome scritto su dello scotch di carta sulla chitarra.
E mi sa che andremo ancora a vedere Le Luci Della Centrale Elettrica. Della centrale a Turbo Gas...
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