"Boring old farts", ovvero "vecchi scoreggioni noiosi"; così i marcissimi punk del '77 britannico definivano i vecchi profeti del rock progressivo, romantico o sinfonico che dir si voglia, salvo poi coltivare in segreto (le dice niente il nome Van Der Graaf Generator, mr. Johnny Rotten?) le passioni più inconfessabili.

Non si salvò proprio nessuno: nel calderone rientrarono tutti, dai Pink Floyd, ai Genesis, agli Yes (gli YES, perlamadonna!), e per almeno 3 anni non si parlò di rock progressivo se non come di una piaga ormai guarita, un'erbaccia maligna estirpata per sempre; poi, come d'incanto, tra il 1980 e il 1981 spuntarono i Marillion ed altri epigoni delle vecchie glorie, e da lì nacque il genere cosiddetto neo-progressive, che diede ossigeno ad un movimento ormai sotterraneo ma discretamente popolato, nonchè il via alla riscoperta della musica delle origini, specie dalla seconda metà degli anni '90 in poi, con i grandi "dinosauri" che uscivano dalle tane per mostrare al mondo che l'ispirazione (in molti casi) è labile, ma la classe no.

Anche nel nostro paese il movimento "progressivo" attraversò più o meno lo stesso iter: grandi successi fino al '74, voglia di aria nuova e grandi contestazioni tra il '75 ed il '77, dopodichè arrivò la rivoluzione che segnò la definitiva scomparsa per tantissimi, e l'oblio a tempo indeterminato per tutti gli altri.

Di questi altri facevano parte Le Orme, che godettero di grande successo fino al '75, poì la voglia di sperimentazione ed il calo di ispirazione furono causa della graduale disaffezione da parte del pubblico, specialmente nei disastrosi anni '80; la voglia di suonare ed il ritrovato interesse da parte di uno zoccolo duro di appassionati convinse il gruppo a riformarsi per proporre sia le vecchie cose che nuove composizioni

Lo storico tastierista Tony Pagliuca è stato definitivamente sostituito da Michelel Bon ed Andrea Bassato (di quest'ultimo recente la defezione), e dal 1996 ad oggi la discografia del gruppo si è arricchita di 3 nuovi concept album ("Il Fiume", "Elementi" e "L'infinito") più che discreti, a tratti anche buoni; oggi arriva nei nostri lettori "Live in Pennsylvania", lussuoso cofanetto che documenta un concerto tenuto in occasione del Nearfest 2005, festival di riferimento per il rock progressivo vecchio e nuovo.

Un po' per promozione, un po' per incoscienza, il concerto inizia con una suite di pezzi dal CD "L'infinito", ed il sound non è certo quello solito delle Orme; assoli di chitarra a manetta (simulata da una tastiera a tracolla suonata da Bon!), batteria pestata a dovere dal grande Michi Dei Rossi, e quà e là spunta il sitar, passione ultradecennale di Aldo Tagliapietra; è chiara a chiunque conosco il repertorio la voglia della band di rinnovare il proprio sound pur mantenendone i tratti salienti, con la ancora magica voce e le melodie di Tagliapietra a fare da collante tra vecchio e nuovo.

E' principalmente per il "vecchio" che il pubblico, piacevolmente stordito, è convenuto nel teatro, ed accoglie con giubilo la sequenza di classici; la filastrocca di "Gioco di Bimba", l'inquietante "La Porta Chiusa" (a mio avviso un vero capolavoro del progressive mondiale) e la denuncia sociale di "Cemento Armato" (arricchita di una nuova parte strumentale con fulminanti assolo di violino e "keytar") non fanno per nulla rimpiangere le versioni originali, e l'entusiasmo mostrato dal pubblico è sicuramente giustificato e condiviso dal sottoscritto.

Tuttavia, è nella seconda parte del concerto che il gruppo supera ogni aspettativa, proponendo per intero "Felona e Sorona"; le emozioni suscitate dall'ascolto dell'opera risultano amplificate dalla possibilità di vedere il gruppo al lavoro, impegnato a riproporre quello che per molti appassionati, non solo italiani, è il vertice del rock sinfonico mondiale; certo, molti storceranno il naso affermando (a buona ragione) che il fascinoso suono vintage dell'originale rimane insuperabile, ma a più di trent'anni dall'uscita di quel disco è quasi un miracolo (nonchè fonte di grande soddisfazione) poter assistere ad una esibizione di tale livello da parte di questi quattro signori.

Ci sono gruppi moderni che propongono album infiniti e suite molto più lunghe di "Felona e Sorona", ma la ricchezza melodica, armonica e poetica di questa collezione di canzoni rimane IL punto di riferimento per un certo modo di fare rock progressivo; a dirla tutta, trovo che Le Orme siano sempre stati superiori ai tanto decantati Emerson, Lake & Palmer... Probabilmente verrò lapidato per questa affermazione, ma tant'è.

Che altro si può dire di musicisti che venti anni fa erano considerati artisticamente morti e sepolti, ed oggi si concedono il lusso di sbarcare (invitati, per giunta) in terra americana per insegnare alle nuove leve come si deve suonare questo tipo di musica (destino, tra l'altro, condiviso anche dagli altri grandi gruppi dell'epopea progressiva, Banco del Muto Soccorso e Premiata Forneria Marconi)?

Che se sono veramente "vecchi scoreggioni noiosi" lo nascondono molto bene.

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