E' una cosa che mi trovo sempre a ripetere. Un buon disco è fatto di imperfezioni. E' un po' come la differenza tra una tavola di legno e un pezzo di plastica. Se fai scorrere le dita sul legno, potrai accorgerti di quella ruvidità, di quelle piccole crepe che offrono un'unica esperienza tattile per ogni pezzo, al contrario della plastica, sempre uguale, perfettamente riprodotta in serie.

Questa metafora potrà sembrarvi un po' smielata e forse anche un po' banale, ma mi sembra un modo diretto ed efficace per descrivere le mie sensazioni su questo disco, che si presenta fin dalle prime note come un semplice ritratto da una band rinchiusa in una stanza a suonare insieme. Questo lavoro è fatto di atmosfere sognanti, in bilico tra folk e rock alternativo; sulle orme di artisti quali Ryan Adams, Bright Eyes o Neil Young.

Questo gruppo di svedesi si ispira a sonorità d'oltreoceano, ma la loro musica ha lo stesso sapore delle belle foreste della loro terra, tra le quali i musicisti si sono isolati per registrare questo disco, semplicemente suonando i brani insieme e con qualche occasionale overdub, come si faceva nei bei vecchi tempi.

Le chitarre di "Wanderlust" creano passaggi molto interessanti dialogando con l'organo elettrico e il violoncello (ospiti d'eccezione) mentre la voce scorre libera e dinamica, quasi improvvisando. Sul singolo "Candid & Frank" le chitarre acustiche e lapsteel la fanno da padrona, con un finale davvero galvanizzante.
"Whatever", gia dal titolo, dimostra un lato più spensierato della band, ed è un divertente richiamo al rock and roll.

11 canzoni che riescono, senza troppe pretese, a creare un disco che non risulta assolutamente stucchevole come qualcosa tirata fuori dai Mumford and Sons, ma godibile, "ruvido" e personale.

Il legno è meglio della plastica!

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