L'inizio della caduta dello Zeppelin.

1972: i Led sono la band più popolare e celebrata al mondo. Il successo di "ZoSo" ha dell'incredibile, ma, come noto, il troppo successo ha due conseguenze: fa cadere nella tentazione della voglia di novità e porta al delirio di onnipotenza - come mostra la storia dei Beatles e degli U2. Per i Led non è diverso e "Houses of the Holy" ne è la prova.

Il delirio di onnipotenza e la voglia di novità hanno come risultato il funky di quart'ordine di "The Crunge" e il reggae scipito di "D'yer Maker" (probabilmente il loro pezzo più irritante). Due brani che sono la prova che Page ormai pensava di poter trasformare in oro tutto quello che toccava.

Ma non è finita qui. Lo sherzo di "Dancing Days", la mediocrità di "The Ocean" e la routine di "Over the Hills..."  testimoniano la distanza tra la creatività dei primi quattro dischi e questo. 

Le grandi canzoni (a firma Page-Plant) sarebbero due: "The Rain Song" e "The Song Remains the Same". "Sarebbero" perché le potenzialità dei brani non si realizzano in atto.

"The Rain Song" potrebbe essere eccellente, ma ha un intro chitarra-mellotron davvero soporifero, una pretenziosità prog di un gruppo bravo a fare canzoni, e che del prog non aveva nessuna vocazione - se non la fatua voglia di seguire la moda del momento. Di nuovo delirio di onnipotenza e spirito di novità. Senza questo intro inutile, la canzone sarebbe ottima. Bisognava farla durare 4 minuti, perché "The Rain Song" non è "Since I've Been Loving You" che può permettersi di durarne 7. Un po' di "senso delle canzone" (che non manca mai nei primi quattro dischi - piacciano o meno) avrebbe evitato di annacquare il brano in questo modo. La versione live di "The Song Remains the Same", con l'intro folk-elettrico, eleva non di poco il pezzo, ma l'intro rimane comunque troppo lungo.

Invece, "The Song Remains the Same" (inizialmente scritta da Page come uno strumentale) annovera uno dei più bei riff del repertorio, coadiuvato alla perfezione da Bonham. Quando però il riff finisce, ci si aspetterebbe di trovare la voce di Plant, che invece latita (anche per i fanatici effetti di riverbero ed eco sulla sua voce), e quindi il suo impatto emozionale-melodico è praticamente inesistente.

Si salva, fortunatamente, "No Quarter", incantevole capolavoro di blues psichedelico, che in questo genere supera anche "Dazed and Confused". Questo brano potrebbe durare anche 20 minuti senza annoiare. Un colpo da maestro di John Paul Jones, l'umile e silenzioso bassista del gruppo.

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