È con "II" che i Led sono passati alla storia come "i padri dell'hard-rock".

La storia di come questo disco venne accolto dalla critica meriterebbe un libro - noioso ma pur sempre un libro.
Nella triste mediocrità odierna, è comprensibile l'attuale mito dei Led Zeppelin, un gruppo che, volenti o nolenti, ha segnato un periodo. Ma nel 69 questo mito non esisteva, e, se esisteva, non era certo gigante come oggi, così gigante da ottenebrare la ragione. Quindi, appena "II" uscì, i critici, per nulla intimoriti dal nome della band, lo stroncarono a man bassa. Due nomi su tutti: Jon Landau e Lester Bangs.

Raffinato il Landau: "Il suono dei Led è rumoroso, violento e spesso insano. Il loro successo di pubblico  ci costringe ad un revival del dibattito popolarità-qualità. Quando le band più eleganti erano anche quelle di maggior successo (come i Cream ad esempio), la distinzione non esisteva. Ma oggi gli Zep ci costringono a distinguere un gusto di massa, da un gusto elitario". Detto in parole povere, i Led non erano i Cream. Ma è anche vero che i Cream non avevano Plant - la cui voce è all'origine dell'immenso successo commerciale dei Led. Se i Cream lo avessero avuto, sarebbero diventati miliardari.

Lester, invece, non peccò di eleganza. E nemmeno di prolissità. Tre parole, come la celebre recensione cinematografica del ragionier Ugo:"Una rumorosa buffonata". Lester sbagliava. "II" non è molto rumoroso; basta prendere "Promises" dei Cranberries per avere più decibel delle canzoni presenti qui dentro. "II" non è neppure buffonesco; è solo mediocre:la riscrittura commerciale di "I". Un lavoro "ludico", scritto durante il tour di "I", quindi senza la cura, l'impegno, e la gestazione del primo disco - che era pure ben lontano dall'essere un capolavoro. 

Ascoltabili solo i (mediocrissimi) pezzi acustici: "Thank You" (dedicata da Plant alla moglie con un testo davvero sdolcinato per essere l'album più hard della band); e "Ramble On" (per di più rovinata dal terribile ritornello con l'urletto rock di Plant che distrugge la dolcezza melodica delle strofe).

Gradevole, benché troppo lunga, "Moby Dick", l'assolo di batteria più famoso della storia del rock. Ma anche qui, cerchiamo di non perdere il contatto con la realtà. "BonHam(mer)" (il buon martello) era bon solo nel martellare i tamburi - con tanti errori e ridondanze. Mediocre sui piatti e ridicolo sul charleston, mancava fondamentalmente della classe e dell'intelligenza di maestri come Buddy Rich, Copeland o Pick Whiters, che erano capaci di far cantare la batteria. Comunque, meglio di niente...

Salviamo il sopravvalutato assolo di 50 secondi di "Heartbreaker" (sovrainciso da Page in fase di editing). Il resto sono martellate, distorsioni, accelerazioni, stupri del blues (con annessi stupri di batteria e chitarra), spruzzate d'organo per (far finta di) psichedelizzare il blues, sudore, istinti selvaggi. Contenti voi.

Fortunatamente c'è una canzone sulla quale i quattro lavorarono seriamente: "Whole Lotta Love", il riff di tre note più famoso della storia del rock. Un capolavoro - anche se appesantito da un inutile quanto fanatico intermezzo feedback-lisergico - con la voce di Plant che vale quanto il riff, specialmente nello splendido urlo finale. Anche chi ama la musica melodica sa apprezzare il rock quando è fatto a regola d'arte.

"II", per i gruppi mediocri, divenne il disco da riscrivere, e, col senno di poi, si può vedere come il seme che generò la degenerazione del metal, vera apoteosi della mediocrità. Più che rumorosa buffonata, seminale spazzatura.

20 milioni di copie vendute fin'ora. Un gruppo avido lo avrebbe riscritto ad nauseam. I Led, invece, in mezzo alle celebrazioni di fan pazzoidi e alle critiche al vetriolo dei puristi, andarono a nascondersi in un eremo senza corrente elettrica, per scrivere - coraggiosamente, bisogna ammetterlo - una pagina completamente diversa, più meditata e meno buffona, della loro storia. Una pagina con la quale vollero dimostrare - coraggiosamente, bisogna ammetterlo -  di non essere incasellabili.

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