31 marzo del '76. Il dirigibile fa scendere a terra il suo lavoro più sottovalutato, più criticato, ovvero quel "Presence", un disco che a mio parere meriterebbe molta più attenzione del tanto venerato "IV". Con questo non voglio assolutamente dire che "IV" non sia il signor disco dei Led Zep, comunque (a mio modesto parere) sono state spese troppe parole su di esso. Come non è invece successo a "Presence". Dopo questo incipit, passiamo all'album vero e proprio.
La prima cosa che balza all'occhio è la splendida copertina, con quel curioso obelisco nero. Alcuni affermano che esso sia un oggetto satanico voluto esplicitamente da Page, anche se non concordo con questa affermazione. Quante band sono state accusate di satanismo dai media? La risposta e' troppe, quindi (scusate il termine) affanculo la critica ! come dissero gli stessi Zeppelin, l'unica cosa che conta e' la musica.
E non si poteva scegliere un inizio migliore, la canzone che secondo me supera "Stairway to Heaven", ma che rimane nascosta nell'ombra di quest'ultima. Si, sto parlando di "Achilles Last Stand", l'epica ed unica, nei suoi maestosi dieci minuti e venticinque secondi di esistenza. Grande prova di Bonzo alla batteria, un basso strepitoso di Jones, la voce del convalescente Plant, qui a livelli eccelenti (come sempre, a dire il vero) ed infine le ventimila chitarre sovraincise di Page, conferiscono al brano una splendida magia che solo le canzoni dei Led Zep sanno far provare. Si procede con "For Your Life", rockeggiante, semplicemente (per usare un'aggettivo molto comune e semplice) bella. "Royal Orleans", la terza traccia, parla di un incidente avvenuto al Royal Orleans Hotel. Sembra che un membro del gruppo abbia portato in camera un trans credendo che fosse una donna. Il membro misterioso e il trans, fumando erba, si sono addormentati, e lo spinello acceso ha provocato un piccolo incendio. Una storia che a molti sembrerà inquietante, mentre a me suona divertentissima, insomma, solo i Led possono regalarci storie simili. Chiamatela attitudine rock o come preferite. La quarta traccia "Nobody's Fault But Mine" con vaghi accenti blues, fa venir la voglia di ballare, credetemi. L'arrangiamento di chitarre complesso di Page dimostra la sua bravura, e devo dire che Jones eccelle veramente con il suo basso in questo brano. Si passa a "Candy Store Rock", una delle canzoni Zeppeliniane più brutte in assoluto (e ve ne sono poche di brutte nel loro catalogo, anzi, e molto raro trovarne una, ma questa...), e Plant mi contraddice affemando che "Candy Store Rock" e' secondo lui una delle canzoni migliori degli Zeppelin. Se lo dice Plant...
"Hots On For Nowhere", la sesta traccia, narra dei disguidi tra Plant, Page e il loro amato produttore, Peter Grant. E' una delle poche canzoni del catalogo Zeppeliniano ad utilizzare la parola "fuck". Musicalmente si basa su un ritmo vivace, ricco di interessanti riff (Plant) e groove (Bonzo). Settima ed ultima traccia, un vero e proprio richiamo al lontano passato, è "Tea For One", un lento blues che ricorda la tanto amata (da parte mia) "Since I've been Loving You", un brano giocato sulle emozioni che solo il blues sa sprigionare, e che trova la migliore espressione con James e Robert, i due maestri. I suoi nove minuti e ventisette secondi sono tutto cio' che uno puo' chiedere dalla vita, ovvero quella struggente sensazione di dominare il mondo. E non sto esagerando. Uno dei tanti motivi per cui i Led sono il mio gruppo preferito in assoluto.
In conclusione, credo d'aver reso giustizia a questo capolavoro, facendo del mio meglio. Viva i Led Zeppelin.
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