Il velivolo ufficiale solca un bacino di alte nubi. Talune paiono elevarsi all'inverosimile, funghi abnormi, proto-emulazioni di Hiroshima e Nagasaki. Fendendo il romantico, evanescente soffitto nebuloso si scorge LA città; gotico che abbraccia fortezze, chiese, palazzi, appartamenti popolari: Norimberga, immensa. Dalla Città Vecchia, l'Impero risorto si accinge a scoperchiare il tetto dell'oltretomba storico e politico, prigionia imposta a e da Versailles. Straccia, ghignando, il Diktat.
Le svettanti guglie del Duomo cedono la staffetta al popolo in festa: bambini, casalinghe, agricoltori, proletari, meltin' pot sociale abnorme, esplode lo strepitio degli Heil!. Non sarà facile calare il sipario di questo show, offerto e organizzato da attori professionisti della stirpe di Beowulf.
Il novello condottiero di Germania discende, meccanico, dall'aeroplano; con lui tutte le gerarchie. Nella Mercedes, direzione Hotel Deutscherhof, l'omino coi baffi è l'Imperatore ritrovato, il Carlo V versione XX Secolo, il demiurgo del terzo Sacro Romano Impero infeudato dalla catena umana che, braccia distese e palmo in avanti, sbraita e riverisce. Wagner, sculture, fontane, soldati, elmetti, cinture militari, il frastuono orgiastico dell'umano - bestia lo accompagnano fino all'albergo. E neanche la notte è pacifica: pire accese, bandiere uncinate, cori dei nibelungici ominidi... la quiete dopo la tempesta è spezzata. Riposare è reato. Norimberga, Delfi di Germania, Olimpia nordica.
Il risveglio mattutino è scandito da campane: si nota, dall'alto, un immenso accampamento, una infinita/indefinita tendopoli. E' il bivacco della gioventù: aitanti ragazzi si sbarbano, si pettinano a vicenda, si idratano sotto le fontane, cucinano zuppe, würstel, mangiano, lottano, giocano, sorridono, guardateli, sono a centinaia, ordinati, rigorosi persino nelle goliardie della spensierata età di fanciulli, da indottrinare, anzi, da addomesticare. L'ineffabile cinepresa cattura successivamente la sfilata dei contadini per le vie della Città: abbigliamento alla bavarese, ancièn regime style, copricapi a grappolo d'uva, pantaloni alla zuava, essi omaggiano il Führer con ceste di viveri, fiori, frutta. L'inquadratura vira dallo Stato Maggiore al ragazzo-portantino, alla massaia rurale. Il Terzo Reich schiude le ali, tarpate dalle plutocrazie democratiche. Il tutto del tutto. Ingloba l'inglobato.
E' l'ora del Congresso, si aprano le danze. Stemmi, insegne, simboli araldici, più di 50.000 convenuti. Neanche fossero giunti i titoli di coda, intercorrono in grassetto corsivo i big del Partito, a seguire i discorsi degli stessi. Hess, Rosenberg, Goebbels, Ley, Darrè, Dietrich.... Le voci amplificate dai microfoni espandono aulici contenuti, violente invocazioni alla Dea Germania. Il Capo esprime gaudio e tripudio occultando dietro al quadratino di baffi un sorriso di soddisfazione.
Iperbole del delirio. Si assiste alla parata della RAD (Reichsarbeitsdienst, Forze Ausiliarie Armate): migliaia di commilitoni, vanga alla mano, litanie e nenie a non finire; coreografate, addirittura. L'Ave Maria della nuova fede secolare germanica. Da dove venite, camerati? Dalla Frisia - dalla Slesia - dalla Pomerania - dal Reno - da Königsberg - da Dresda - dalla Saar - dalla Selva Nera. Noi costruiamo strade - Da un popolo all'altro - Da una ad un'altra città. Norimberga è il fulcro pulsante dell'autostrada Terzo Reich. L'autogrill per eccellenza. Quarto giorno. La Hitlerjugend è pronta, inflessibile. Bambini, ragazzi, trombe alla bocca e svastiche nel cuore, frange e ciuffi biondi, tempie rasate. I loro visi si alternano al primissimo piano del Führer, rigido. Valanga chilometrica di arti tesi. Poi giunge il circo bellico della Wehrmacht: cavallerie, mitragliatrici, autoblinde. Una riedizione rivista e corretta degli spettacoli circensi di Roma. Novità mancata. Plagio all'Antichità.
Apoteosi. Le granate sottolineano rumorosamente la cerimonia di decorazione delle bandiere SA e SS, fregiate dal sangue dei "martiri" del putsch del Novembre 1923; più tardi, un bagno di folla che accoglie in pieno centro cittadino il clou della nuova arte germanica: parate infinite, il saluto romano del Führer proteso aulico verso le truppe, donnette alle finestre con dei cannocchiali. Le vie son talmente ricolme da costringere fanatici dell'ultima ora a scavalcare tettoie e statue, senza alcun accenno di scomodità. Totalitarismo che aggredisce la scenografia prima della politica. Norimberga: il teatro all'aperto della gigantografia umana abbatte le barriere, i vincoli dello spazio/tempo. Ponti e viali, albe e pomeriggi. Tutto risulta studiato a tavolino nei minimi particolari.
Epilogo. Es sprecht der Führer: l'austriaco ex-pittore fallito, innanzi al suo Popolo, alla massa. Sembra tranquillo, poi, improvvisamente, stringe le braccia attorno al tronco. Sbraita. Suda. Si arrovella. Inneggia alla totalità. Nulla trascende da ciò, se non la Dea Germania. Sale sul pulpito il luogotenente Hess: Deutschland ist Hitler! Sieg Heil!. Fine. Curtain falls.
Leni Riefenstahl: a lei fu commissionato il lungometraggio propagandistico sul Congresso del Partito Nazista a Norimberga nel 1934. Questa "non-recensione" è solo una personale esegesi avalutativa sul delirio artistico e sulla megalomania della cinepresa hitleriana. E' possibile separare arte e morale? Utopia e distopia? Avanguardia creativa e recessione mentale? Tecnologia a servizio di barbariche tendenze socio-politiche? Non voto, per insicurezza, e congelo la questione.
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