Rilegati nella maestosa Unione Sovietica, additati dai benpensanti e santificati dai sovversivi, i Leningrad sono prigionieri del loro stile di vita anticonformista; da San Pietroburgo contaminano lo ska col gypsy punk dei Gogol Bordello, imbarbarendo i testi volgarmente, in madre lingua. Guidati dal carismatico Sergey Shnurov, mettono carboni ardenti sotto melodie che fanno ballare, cantare, scatenare e soprattutto divertire.

Il basso di "Menya Zovut Shnur"  è una scala a chiocciola che ti trascina sul palco e le trombe di "May" e della gypsy drunk "Razpizdyay" mettono ebbrezza; in "Khuyanya" il cantato è alticcio e ciondolante e introduce la tipica danza russa, col ritmo che incalza e si velocizza in un enfasi finale.

In "Menedzher" una voce femminile d'accompagnamento porta un gradito aroma vellutato nel miasma alcolico che pervade l'album che prende il largo nei tipici cori da stadio di "Ole-Ole". "K Tebe Begu" è una canzone reggae ska, godibilissima come una vodka ghiacciata sotto le palme giamaicane, protetti dal sole da un enorme colbacco. 

"Khuyamba" è una perla, gypsy ska da inseguimento al grido di "magic people voodoo people" mentre i ritmi diventano più adagiati in "Nou Nou Fyuche", una sorta di versione sovietica dell'ispettore Gadget e nella dub "Papa Byl Prav", colma di basso pomposo, voce corrugata e atmosfere accattivanti.

In "Babu Budu" si sente Tom Waits, la fisarmonica piratesca ti trasporta sul Volga, dove una ciurma senza pudore scandisce i tempi e il capitano Sergey sparge Grog sulle loro fradice teste.

Un gruppo da conoscere, possedere e godere, per imparare a fare del cirillico la propria lingua, a non temere le rigide temperature siberiane e a bere tanta vodka. 

 

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