Non tutti riescono a fare quello che ha fatto Mr. Kravitz. (1)

Alto come una lattina dei distributori automatici, di bell'aspetto, dreadlocks lunghissimi, anima rock blues and soul, patito di Hendrix, Lennon, Sly Stone, Prince, Stefanino Meraviglia e Led Zeppelin, Lenny inizia la sua carriera nel magico starbusiness con quest'album che, a conti fatti, risulta il migliore di tutta la sua produzione. Da lì in poi un declino, povertà di idee e ristagnatura forzata nello stesso brodo primordiale caratterizzeranno una caduta libera senza imbragatura né paracadute.

Al pari di un'altra promessa mancata della "nuova musica nera", Terence Trent d'Arby, Lenny Kravitz qui suona un po' tutto: basso, tastiere, batteria, chitarra e, ovviamente, canta e si fa i cori da solo fin dove può.

C'è chi di ce che si sia fatto il culo on the road prima del successo, che abbia girato di locale in locale per presentarsi al mondo con la sua chitarrina, ma io ho sinceramente qualche dubbio, visto che la madre già apparteneva al mondo dello spettacolo (Ellen Willis, moglie di Tom, nei "Jefferson", remember?) e qualche porta magari gliel'ha aperta al figliol prodigo.

Ma non sono cazzi miei e sinceramente non mi importa, tanto oramai se non hai un calcio in culo è difficile che tu possa andare da qualche parte ai piani alti e, sinceramente anch'io, se fossi un produttore, lo avrei messo subito sotto contratto dopo aver ascoltato un album come questo.

Intendiamoci, Mr. Kravitz non ha inventato nulla, c'é chi lo definisce il copione dei copioni, perché si sentono in maniera imbarazzante tutti gli influssi che ho citato prima in questo disco, specialmente per il Dio mancino della sei corde e per l'occhialuto genietto dei Beatles, ma il pregio di quest'uomo è stato quello di saper fondere alla perfezione una miriade di influenze per dare alla luce un prodotto dalle buonissime e promettenti basi di partenza, rispolverando con prepotenza il vecchio sound 70's.

Il groove di "Sitting on the Top of the World..", con quell basso funky, il blues/gospel a lento incedere di "My Precious Love", il sound '70 - Starsky and Hutch - di "Fear", la sensuale "Does Anybody Out There Even Care", il ritmo di "Mr. Cab Driver", la stupenda ballata in crescendo "Rosemary", scritto a due mani con l'ex compagna Lisa Bonet, la Lennoniana "Be" e l'Hendrixiana "Blues for Sister Someone", da sole valgono l'acquisto del disco.

Tutti gli strumenti suonano (stravolutamente) come usciti da una reunion di blues and soul, con un pizzico di psichedelia degli splendidi anni appena passati, l'album scorre dalla prima all'ultima traccia senza risultare mai pesante e ripetitivo, la disposizione dei pezzi sembra studiata appositamente per incuriosire e non limitare ad un solo ascolto per poi accantonare.

Un album come questo non ha epoca, puoi rispolverarlo quando vuoi e ti lascerà sempre soddisfatto. In una recensione sull'ultimo di Kravitz ho letto che: "Se avesse voluto fare qualcosa di buono lo avrebbe già fatto..".

Bene, io penso che quest'album sia quella cosa buona (e giusta).

(1) Non è da tutti far meglio della prima uscita, se si esce con un prodotto tale..

Neanche lui purtroppo ce l'ha fatta.

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