Lenny Kravitz, dopo essersi alzato dal set del film "hunger games", doveva essere discretamente arrapato da Jennifer Lawrence per scrivere musica del genere.

Per quelli che se lo fossero perso, Lenny Kravitz è un artista che non è partito nemmeno tanto male,
c'è chi dice che sia stato avvantaggiato nella sua carriera musicale, essendo figlio di un attrice de "I Jeffersons" e di un produttore televisivo,
e chi sostiene che nonostante tutto si sia fatto la sua buona dose di gavetta in giro per i locali,
certo è che le abilità musicali le ha, tanto da voler spesso curare tutto, dai testi agli arrangiamenti (e a volte anche la produzione);
la sua ventata di vintage, con quel qualcosa di soul, da paladino della musica di colore, infondo non dispiace, anche se sembra da un po che la sua via musicale l'abbia smarrita mentre si specchiava per l'ennesimo servizio fotografico seminudo, mentre con una mano smanettava a caso su campionature elettroniche.

Questo album di nome Strut come al solito presenta lui in copertina, fotogenico piu che mai, che dopo aver attraversato musicalmente follie elettroniche e crisi di mezza età da "ora che ho un sacco di soldi in realtà vorrei starmene un po in disparte e non essere una superstar" (vedi "Baptism"), torna con una carica sessuale da ventenne carico di viagra, tanto che decide di aprire il cd con "Sex" che ricorda pesantemente i suoni di un George Michael anni '80 con tanto di effetti clap hands.
L'album si muove tra queste sonorità scontrando a volte elementi soul o inciampando qua e la in qualche riff di chitarra, purtroppo, un po troppo costipata, per un artista che con la chitarra tra le mani qualcosa di buono la riuscirebbe a fare, se solo volesse.
Il singolo scelto "The Chamber" la dice lunga sulle sonorità di questo album, purtroppo i pezzi come "Dirty White Boots" e la title trak "Strut" non riescono a convincere appieno pur avendo qualche spunto interessante, anche se un po a singhiozzi;
perlomeno a livello musicale le influenze elettroniche sono molto moderate salvo qualche canzone (vedi "The Chamber"),
e maneggiate in maniera leggermente meno fastidiosa del suo lavoro "Lenny",
se puo bastarvi questa magra consolazione e se apprezzate parecchio le sfumature funky e soul potreste apprezzare piu di me questo album.
Il disco si chiude con una cover dei Miracles e Smokey Robinson, che si amalgama piuttosto uniformemente con l'atmosfera del disco.

Nel complesso il Lenny Kravitz che regalava quei suoni sporchi dei primi cd non c'è quasi piu ormai,
e se perlomeno l'album "It is Time For a Love Revolution" riusciva ancora a richiamare i Led Zeppelin e i Beatles,
questo "Strut" si adagia su atmosfere qualche decennio piu recenti, perdendo pero quella freschezza che un po riusciva a tirare fuori in un modo o nell'altro, questo personaggio, ormai consolidato, che puo basare i suoi testi sulla pura spinta sessuale anche a questa età, riuscendo a vendere.

Io dalla mia spero di non trovarmi mai in un auto con un ragazzo di colore che ascolta questo disco: il primo istinto sarebbe di catapultarmi fuori dall'auto in velocita.

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