I Lento, da Roma, con l'esordio Earthen erano partiti in quarta, pubblicazione da Supernatural Cat che al tempo era già una rampante etichetta di "lusso" della nicchia post* italiana. Un disco tutto sommato godibile, ben scritto, ben suonato, ben registrato, ma molto dipendente dalle madri Neurosis-Isis. Niente di male in realtà, la quantità di gruppi che ripercorrono più o meno pedissequamente i due capostipi è innumerabile, e qua e là sono anche usciti buoni lavori. Resta il fatto che a mio parere difficilmente certi maestri si possono superare, tanto meno a distanza di anni quando l'irrompenza della novità e visionarietà di certi nuovi suoni è ormai appartenente al passato.
I nostri probabilmente tutto questo lo sapevano, e quando hanno tirato fuori questo secondo album di studio, Icon, hanno cambiato decisamente le carte in tavola. Perso per strada un chitarrista, hanno asciugato la formula, eliminando i "post rockismi", costruendo un sound dove al wall of sound si è sostituito un riffing molto più nervoso, farcito di tempi dispari, accenti spostati, riff pesantissimi ed ispiratissimi, un approccio al songwriting ben più sintetico che è risultato in tracce più brevi, ben strutturate e scorrevoli.
Io non sono un fanatico dei già citati tempi dispari, contorsioni eccessive, ma la loro forma di approcciare la materia mi è risultata da subito inedita (ma forse mi sono perso qualche ascolto per strada e hanno ripreso cose già fatte in questo senso), perchè non sento gente che cerca per forza di fare "musica storta", c'è sempre un senso del groove particolarissimo, che ti fa venire voglia di muovere la testa, seguire le complesse intarsiature, invece che lasciare un senso di smarrimento. In un disco monolitico come questo, i nostri sorprendentemente gestiscono bene la tracklist riuscendo a dare anche una certa varietà, cadenzati sì, ma in grado di spingere sull'acceleratore (senza mai eccedere in ogni caso), dare coloriti diversi a riff che condividono la stessa matrice. Molto azzeccati anche gli intermezzi di stampo più ambient.
Il tutto risulta in un album che, grazie anche al minutaggio contenuto, rimane molto scorrevole, nonostante l'assenza di vocals di alcun tipo. Inoltre la produzione, curata dallo stesso chitarrista dei Lento Lorenzo, ormai una mezza celebrità in Italia nel campo (ha curato tutte le produzioni recenti degli Ufomammut, per dirne una), esalta la claustrofobia della musica, secco, lo-fi, e personalmente adoro come suonano questi piatti.
Piccolo aneddoto che trovo abbastanza singolare, pare che in fase di ultimazione dell'album, il master sia stato inviato ai tizi di Supernatural Cat, che sono di fatto membri degli Ufomammut, e questi ultimi hanno rimandato indietro il lavoro dicendo che non gli piaceva e perciò non erano intenzionati a pubblicarlo. C'è stato il lieto fine per i nostri, che hanno trovato prontamente l'interesse della tedesca Denovali, passo che credo abbia contribuito alla crescita della loro fama in campo europeo, a mio parere super meritata. Lo trovo singolare perchè se ascolto le ultime 2-3 uscite degli Ufomammut, mi sembrano sempre più stantii, senza idee, cercando di riciclare all'infinito quello che hanno fatto nei primi due album, buffo vederli rifiutare un lavoro di questo calibro e freschezza.. e buffo che i Lento siano stati prontamente sostituiti nel roster della Supernatural Cat dagli Ovo, progetto a mio parere di valore molto discutibile.
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