Ebbene sì, capita ancora: capita ancora di entusiasmarsi, capita ancora di entusiasmarsi nell'anno 2010, in ambito metal, per una giovane band al suo debutto.

Fatta eccezione per lo split con i conterranei Alcest, “Septembre ed ses Dernières Pensée” è il primo full-lenght dell'entità Les Discrets, dietro la quale si cela in verità un solo uomo: Fursy Teyssier, giovane musicista, poeta, disegnatore (fra l'altro autore dei suggestivi artwork dei succitati Alcest).

La matrice è black metal, ma un black metal di terza/quarta generazione, che trae ispirazione da band già ampiamente al di fuori del genere come Katatonia, Ulver ed ovviamente i maestri Alcest, in un'accezione di metal libero e progressivo (nel senso nobile del termine) sdoganato da band come Opeth e (perché no?) i nostrani Novembre. Ma il discorso si protrae oltre, approdando agli universi del dark più dolente, del folk più etereo, e perfino del post-rock più sognante.

Ho sempre pensato che il black metal costituisca una delle evoluzioni più importanti e ricche di potenziale per il metal tutto, e se il metal ha un futuro, quello dovrà passare necessariamente dal black metal (ed ovviamente dall'hardcore). Perché il black metal è materia malleabile, vibrante, incandescente, che si presta bene alla psichedelia come al post-rock, al dark come al folk. E più il metal si allontana dal metal, e più ha da guadagnarci (tanto i capolavori degli anni ottanta rimangono, mica ce li ruba nessuno, no?), in modo particolare agli occhi di chi non ne può più di certi cliché triti e ritriti, screaming orripilanti, inni al Maligno, istigazioni al suicidio e diavolerie assortite. E per questo è apprezzabile l'intento di far proprio un tal linguaggio (un linguaggio che sa farsi drammatico, onirico, teso, furioso, introspettivo, poetico, mistico e chi più ne ha più ne metta) quale veicolo per l'espressione dei propri sentimenti e della propria visione del mondo: una visione che fonde l'Io al più ampio mondo naturale, in un'accezione romantica che parte dalla letteratura del diciannovesimo secolo per tradursi in cantautorato, seppur nella forma elettrificata tipica dei giorni nostri. Una collisione/fusione/ricongiungimento fra pelle e pioggia, occhi e cielo, respiro e vento, crepuscolo ed anima.

Ma al di là della formula (vincente di per sé), a rendere imperdibile il debutto del buon Teyssier è l'ispirazione, la profonda ispirazione che percorre tutti e dieci i brani di cui questo gioiello dell'estremo (non più estremo) si compone. Anzi, si può quasi dire che l'opera è semplice, elementare, che procede in modo lineare, che non stravolge il modo di concepire e fare musica da noi conosciuto, e che può al massimo invigorire un movimento: questa sorta di novelle vague originata dai pionieri Alcest, indubbi alfieri del black metal transalpino, autori di quel “Souvenirs d'un Autre Monde”(del 2007) che rimane ad oggi uno delle ultime opere capaci di dire qualcosa di realmente nuovo all'interno del genere.

Ed ovviamente gli Alcest dell'amico Neige rimangono il termine primo di paragone per comprendere l'affascinante mondo dei Les Discrets, fra le cui fila troviamo non a caso anche il batterista degli Alcest stessi Winterhalter e i contrappunti dell'ugola fatata di Audrey Hadorn, che prestò la voce proprio nel famigerato “Souvenirs d'un Autre Monde”. Ma rispetto all'amico Neige, Teyssier si emancipa ancor di più rispetto agli stilemi tipici del genere, confezionando un prodotto che in verità potrebbe esser definito più semplicemente come rock. Del black metal si conservano solo pochi spunti: la sporcizia dei riff, la rarefazione sonora (avvolgente e carezzevole prima ancora che stordente), qualche (sporadica) accelerazione. Ma nel complesso questa rimane musica per tutti i palati, e nonostante il richiamo (fin dal titolo) ad umori tipicamente autunnali, nonostante lo scrosciare della pioggia e il gracchiare dei corvi, la musica dei Les Discrets porta in sé un che di universale, rimanendo spendibile in ogni momento dell'anno, ben calandosi nel variegato fluire della quotidianità, in dolce compagnia della propria solitudine, abbandonati ai flutti dei propri moti interiori, come entro il passeggio forsennato fra le spire di questo urlante e cacofonico mondo che ci circonda.

Chitarre sporche ma pregne di una sofferta malinconia si alternano a sognanti partiture acustiche; linee melodiche à la Cure e stratificazioni sonore degne del miglior post rock allestiscono crescendo emotivi che, coniugati alle voci cristalline ed al procedere scorrevole e reiterante della batteria (come accadeva nei primi Katatonia, il cui fantasma aleggerà per tutta la durata del platter), non mancheranno di conquistare al primo ascolto. Solo il tempo saprà dire se il bene di cui ci fa dono oggi Teyssier sarà durevole o la folgorazione di un istante.

Difficile quanto inutile, quindi, procedere con un track by track, anche se di cose da scrivere ve ne sarebbero, data l'elevata mole di influenze, comunque rielaborate con spontaneità e naturalezza fino ad essere tramutate nello specchio dell'anima fragile e gentile di questo giovane cantastorie.

Un brano che personalmente mi fa impazzire è “Les Feuilles de l'Olivier”, che parte ricordandomi (non da un punto di vista lirico, ovviamente) l'estasi panica dell'incipit della celeberrima “Inno a Satana” degli Emperor, per adagiarsi sulle sonorità sognanti dell'altrettanto celeberrimo “Bergtatt” degli Ulver (coniugando alla perfezione velocità e sovrapposizioni vocali di stampo folk-gregoriano), per finire in bellezza con una sublime psichedelia ultraterrena che corre alla velocità della luce, degna degli ultimi Wolves in the Throne Room.

Ma dalla breve introduzione ambientale di “L'Envol des Corbeaux” fino alla struggente, fanciullesca, dolce, rasserenante (non bastano gli aggettivi per descriverla!) ballata folk “Une Matinée d'Hiver”, “Septembre ed ses Dernières Pensée” saprà cullarvi e mai annoiarvi, vi farà sprofondare dolcemente in un mondo poetico e cangiante che ben rispecchia il raffinato artwork (a cura dello stesso Teyssier) che fa da perfetto complemento ad un'opera confezionata divinamente.

Forse il massimo dei voti non ci sta, per l'evidenza con cui si palesano i richiami ad altre band che hanno saputo, anni prima e con ben più coraggio, stravolgere un genere ostico, apparentemente immutabile ed inevitabilmente ancorato ad un approccio di inusitata ferocia quale è il black metal; ma il tutto viene amalgamato con una tale perizia ed ispirazione, che certamente questo “Septembre ed ses Dernières Pensée” si merita di essere considerato, ascoltato, vissuto e forse preso anche ad esempio come un ulteriore passo di un'evoluzione che si spera non possa mai aver fine.

Carico i commenti...  con calma