Bizzarri, questi Les Fauves.

Adottano la ragione sociale di un collettivo pittorico francese d'inizio secolo scorso, mutuano il titolo "Liquid Modernity" da un celebre trattato sociologico di Z. Bauman e  ideano un piano poliennale d'uscite discografiche denominandolo magniloquentemente progetto N.A.L.T (Noise Arms Limitation Talks). Converrete, c'è di che essere prevenuti, troppa carne al fuoco. Se poi si scopre che originano nientepopodimenoche in Sassuolo, provincia della Piana Ipermercata, l'istinto a lasciarli perdere e raddoppiare con altre amenità scatta spontaneo. E chi cazzo pensano d'essere??? Ma va la...va la...

Invece. Sorpresa. I diffusori mi restituiscono un suono in cui mi riconosco immediatamente, da troppo tempo negato ai miei sensi, che lenisce dal torpore e denuncia tutta la mia assuefazione all'omologazione che affligge le nuove leve britanniche ed americane: semplice,  puro e  terapeutico pop psichedelico.

Lo scorrere delle undici tracce ammalia sin dal primo ascolto; mentre sono travolto da una girandola di flashbacks e la mia mente scomoda Syd Barrett, Stranglers, That Petrol Emotion, Pere Ubu, Jesus Coulnd't Drum, Keats, Razorcuts, TV Personalities accanto a dimenticate e sghembe combriccole di indigeni aspiranti cappellai pazzi come i Peter Sellers and the Hollywood Party,  sono letteralmente rapito dai miei fantasmi e riportato sui cari luoghi dell'adolescenza e della  passione. Al termine del viaggio, quando mi schiodo dal divano per concedermi il bis, non posso fare a meno di compiacermi per l'acquisto, tante sono le delusioni patite negli ultimi anni; mi scopro sorridere e scuotere la testa, penso che ben fanno i quattro giovani Les Fauves a pensarsi grandi, un gruppo dal respiro internazionale, perché  "Liquid Modernity" non solo è un viatico al riscatto della via Emilia all'asse Vasco - Ligabue,  è soprattutto indie-pop allo stato dell'arte, un carosello di filastrocche esistenzialiste ebbro di melodia che riecheggia la grande stagione neo psichedelica degli anni ottanta, quello che ci aspetteremmo proposto dalla meglio gioventù della perfida Albione piuttosto che dai figli dell'Emilia paranoica d'un tempo.

Invece. Sorpresa alla seconda.

E giacché ognuna delle canzoni qui raccolte rappresenta la miglior musica sfornata nell'anno in corso, in assoluto e non solo nella terra dei cachi, evito di tediarvi con il solito snocciolio di titoli; agli ignavi, ai sordi, ai cacciatori di peli nell'uovo, a coloro che denunceranno le scarse capacità tecniche dei Les Fauves, il cantato in inglese che ne tradisce le origini e la produzione approssimativa di "Liquid Modernity", obbietto che non si tratta di difetti bensì del dazio all'urgenza "espressionista" dei nostri. Se proprio dobbiamo, consigliamo loro di evitare cappelli pretenziosi alla loro genuina estrosità (vada per la liquidità della società moderna, ma Noise Arms Limitation Talks non sembra spaventare e depistare?).

Io sono già in trepida attesa del terzo capitolo della saga; voi non cedete all'indifferenza e prestate ascolto: di very normal people in Italia ce n'è già a sufficienza.

Bestiali, questi Les Fauves. Oppure, come preferirebbero loro: cazzute, queste fave.

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