Ebbene sì, i Level 42, il gruppo più sottovalutato degli ultimi vent'anni. Da qualche anno oggetto d'interesse da parte di alcuni che pensavano che il loro nome fosse ricollegabile soltanto al tormentone del 1986 "Lessons in love".

Non può che cominciare così una recensione intorno ai Level 42. Poco più di un anno fa è uscito il loro ultimo lavoro: "Retroglide". Un album che non ha avuto alcun esito commerciale, ma che ha segnato dopo 12 anni di assenza il loro ritorno alla musica.

L'album si compone di 11 tracce, scritte interamente da Mark King leader e bassista del gruppo e Boon Gould, ex chitarrista della formazione fino al 1987. "Retroglide" è stato definito una delle migliori produzioni inglesi del 2006. Lo stile è quello che li ha contraddistinti nel periodo che va dal 1983 al 1985, da "Standing in the light" a "World machine", tutt'ora i due album meglio riusciti del gruppo: due autentici capolavori tra funky, rock e pop. I suoni dell'album sono dei giorni nostri, ma guardano al passato senza abbandonarsi alla tentazione di ripetersi. Le line-up di basso di King sono da brivido come al solito. Non a caso il suo nome è stato accostato spesso ai più grandi bassisti del mondo da Stanley Clark a Jaco Pastorius.

L'album si articola tra pezzi velocissimi dove risaltano i virtuosismi di King e del sassofonista Sean Freeman, come "Dive into the sun" e "Sleep talking" e brani più lenti e meditati come la track list "Retroglide" e "Rooted". Ma la particolarità di "Retroglide" risiede soprattutto nei testi, senz'altro più maturi di quelli che scrivevano vent'anni fa e di respiro poetico. Insomma, sono sempre loro, che mai hanno rinnegato le loro produzioni più commerciali come "Running in the family", tant'è che tutt'oggi vengono riproposte dal vivo, ma al tempo stesso hanno avuto il coraggio di tornare a fare il loro mestiere "difficile" di musicisti.

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