When it comes to the pain Im like any other bloke - I dont want
to know.”
Michael Caine è Alfie. E’ alto, con gli occhi blu. I capelli dorati accuratamente pettinati sulla fronte. Lo sguardo fiero. Il sorriso sornione, spregiudicato.
Michael Caine è Alfie. Un uomo che non deve chieredere mai. Un affascinante autista della Londra degli anni 60, una Londra che profuma ancora di sogni e romanticismo. In questa città Aflie vive, ama. Ama troppo. Passa da una donna all’altra, non sa fermarsi. Ama donne giovani, anziane. Sposate, nubili. Bionde, Brune. Lui le ama tutte. Ma le ama senza cuore.
Alfie non ha vincoli morali. Quando il cuore non è coinvolto è facile giocare senza scottarsi. E’facile ferire gli altri senza ferire se stessi. Ma il cuore non può tacere per sempre.
L’avere tutto ma non possedere realmente nulla, l’abbandonarsi ai piaceri folli per ritrovarsi soli, il rinuciare alla moralità per il piacere, sono temi spesso trattati. Ma mai trattati come in questo film. L’atmosfera oscilla continuamente tra il dramma e la commedia. Lo spettatore viene profondamente coinvolto dallo svolgersi delle vicende, che vive interamente dal punto di vista del protagonista.
Alfie ci guarda negli occhi, ci parla, si svela. Dialoga liberamente con noi, come un vecchio amico.
E’ amorale, talvolta crudele, meschino. Eppure non possiamo fare a meno di amarlo, di provare tenerezza per lui. Restiamo ad ascoltarlo incantati, con il sorriso appena accennato sul volto. Vorremmo essergli vicini, vorremmo poterlo consigliare, salvarlo dal baratro. Ma non possiamo.
“Non ho mai cercato la felicità. Chi vuole la felicità? Io ho cercato il piacere” diceva Dorian Gray nel famoso romanzo di Wilde. Ed Alfie è proprio un moderno Dorian Gray. Con una grande differenza. Alfie non ha potuto fare un patto col diavolo, non ha potuto salvare la sua bellezza dagli impietosi effetti del tempo. Tutto quello che ha è basato sul suo prestate aspetto, ma quando questo sfiorirà tutto quello che gli si prospetta è di restare solo. Solo come un cane.
"Alfie" è un fim meraviglioso. Stupefacentemente avanti rispetto al suo 1966. Una commedia terribilmente tragica eppure così leggera, quasi comica. Un pellicola purtroppo molto meno nota del Remake del 2004 che non possiede nemmeno un bricciolo della poesia dell’originale.
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