Si accodano a questa nuova (anche se non completamente inedita) tendenza del joint album anche Liam Gallagher e John Squire.
Le presentazioni sono pressoché inutili, ma tant’è: da una parte l’ex frontman degli Oasis, attualmente sulla cresta di un’onda creata da una carriera solista finora pressoché impeccabile, dall’altra il sessantunenne ex chitarrista dei leggendari Stone Roses (e dei successivi Seahorses). Entrambi uniscono le forze in un progetto che porta nient’altro che i loro due nomi, oltre ad una copertina francamente non entusiasmante (ad opera dello stesso Squire, che nel lungo tempo trascorso lontano dalla musica si è interessato anche ad altre forme d’altre, come la pittura).
E’ capitato quindi che Squire avesse un mucchio di nuove canzoni pronte, proprio nel periodo in cui Liam l’ha invitato a salire di nuovo sul palco di Knebworth per suonare Champagne Supernova tanti anni dopo quell’indimenticabile prima volta con gli Oasis; Squire ha quindi chiesto al Gallagher più giovane di cantare su quelle canzoni, e Liam non si è fatto certo pregare due volte, considerata la sua assoluta venerazione nei confronti dei Roses.
Reclutato il super produttore Greg Kurstin sia dietro il banco che al basso, oltre all’espertissimo batterista Joey Waronker (già dietro le pelli per R.E.M. , Beck e Roger Waters), i due danno alla luce un disco che suona esattamente come ce lo potremmo aspettare: ben suonato, iperclassico nei riferimenti e dominato dalla voce di un Liam Gallagher che sembra vivere una seconda giovinezza a livello vocale. Pur essendo stati scritti tutti da Squire, i brani pare abbiano giovato di alcune idee melodiche molto efficaci provenienti dal cantante (a detta di John, mentre Liam si è mostrato più cauto sull’argomento).
Partiamo da un presupposto che sembra scontato ma non lo è: John Squire non è Noel Gallagher. Se si cerca un sound prettamente oasisiano, si rischia di rimanere delusi: ve ne sono tracce nei primi due brani del disco, l’opener e nuovo singolo “Raise Your Hands” (con i suoi na na na e l’andamento un po’ à la Charlatans e un po’ alla Stereophonics) ed il secondo singolo “Mars To Liverpool”, soprattutto per un ritornello da stadio perfetto per la vocalità di Liam. Per il resto del lavoro, i riferimenti di Squire mirano più ai sessanta/settanta (Stones, Faces, Weller) e persino al blues tout-court (la splendida “I’m A Wheel”, dove Gallagher un po’ a sorpresa sguazza perfettamente a suo agio).
Se il lead single “Just Another Rainbow” sembrava metterci di fronte (erroneamente) ad un disco degli Stone Roses cantato da Liam (gli echi di “Waterfall” sono ben presenti), il resto del lavoro smentisce categoricamente questa senzazione: immancabili, ovviamente, i Beatles, sia nel quasi-divertissement “Make It Up As You Go Along”, sia nella bella “One Day At A Time”, e sorprendente la virata quasi à la Cream di “Love You Forever”. Non possono mancare anche il punk nella grezza e serrata “I’m Bored” ed il britpop scintillante di “You’re Not The Only One” della cantilena finale “Mother Nature’s Song”.
Buona la prima per i due pesi massimi di Manchester
Brano migliore: Mother Nature’s Song
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