Se il primo album solista è stato il grande ritorno ed il secondo il (meritato) giro della vittoria, il terzo disco per Liam Gallagher può e deve significare una sola cosa: svolta.

Con il fratello maggiore leggermente in ritardo sulla tabella di marcia ed un mega concerto/ritorno a Knebworth (stavolta, ovviamente, da solista) all’orizzonte, l’ex frontman degli Oasis non ha avuto scelta; alla solita batteria di autori e produttori che l’hanno aiutato negli ultimi cinque anni (nomi di primissimo livello come Andrew Wyatt, Simon Aldred dei Cherry Ghost e soprattutto il re mida Greg Kurstin), si aggiungono ulteriori nomi di livello assoluto come Tove Lo, Ezra Koenig dei Vampire Weekend e soprattutto Dave Grohl, alla batteria nel supersingolone “Everything Electric” che ha anticipato come primo estratto questo nuovo “C’Mon You Know”.

Nei dodici brani che compongono la scaletta Liam stavolta abbandona quasi del tutto il solito retaggio Beatles (versante Lennon), Stones e ovviamente Oasis; d’altronde un’opener come “More Power”, che inizia con un coro di bambini per finire su di una melodia che potrebbe essere qualcosa dei Brian Jonestown Massacre, la dice lunga. E va ancora meglio con la doppietta “Diamond In The Dark” / “Don’t Go Halfway”; se la prima si lancia in un funk/blues in piena area Arctic Monkeys era “AM”, la seconda annega il solito cantato feroce di Liam in un mare di chitarre fuzzy.

Il secondo estratto e titletrack parte come un omaggio alla precedente band del cantante mancuniano, i Beady Eye, per poi spiazzare con un’acida coda strumentale nel finale, ed è uno dei pochi pezzi del disco ad allinearsi al recente passato di Gallagher, assieme all’inevitabile mega ballata e potenziale hit “Too Good For Giving Up” (da più parti indicata, a ragione, come diretta erede di “Stop Crying Your Heart Out”) e al cristallino 90’s britpop di “It Was Not Meant To Be”.

Se “The World’s In Need” aggiorna all’indie odierno la classica “Desire” degli U2, “Moscow Rules” è indiscutibilmente farina del sacco del succitato Koenig, che cuce un abito di alta sartoria attorno alla voce di Liam puntando verso soffuse atmosfere da colonna sonora, con tanto di sax ed un’arrangiamento suadente e ricercatissimo. “I’m Free” parte come una cazzottata in faccia alla Stooges per poi perdersi in un languido dub, il terzo singolo “Better Days” (qui lo zampino di Tove Lo) è un ritorno ai nineties dei migliori Chemical Broters (quelli ad altezza “Let Forever Be”, più o meno, dove non a caso la voce era quella del fratellone Noel) e “Oh Sweet Children” chiude puntando per una volta non al solito Lennon, ma al McCartney più barocco e piacione.

Un salto in avanti decisivo per Liam. E ora è davvero tutto pronto per il nuovo trionfo di Knebworth.

Brano migliore: Diamond In The Dark

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