Scrivere la recensione di questo concerto non sarà facile. Primo perché non mi è mai capitato di scriverne prima d'ora, secondo le emozioni e le sensazioni sono per me difficili da tradurre in un testo. Come si fa? Proverò cercando di essere pragmatica e raccontando la serata.
Questo concerto è la giusta ricompensa per la data a Heaton Park del giugno 2020 annullata per noti motivi. E che ricompensa. Fa parte di un quartetto di date imponenti di cui le prime 3 spalmate in 3 giorni ravvicinati (Etihad +doppietta a Knebworth) e che si concluderà a fine mese con l'altra epica data a Hampden Park
I biglietti sono stati messi in vendita lo scorso Ottobre, ciò vuol dire sette lunghi mesi di attesa. Ma nella realtà per me l'attesa dura da due anni, dalla data di Milano del Febbraio 2020. Ho scelto l'Etihad rispetto a Knebworth per la mia innata passione per gli stadi. E per i tour da stadio. Pentita? Assolutamente No! Ma ovviamente, avessi potuto le avrei fatte serenamente tutte e 4.
L'atmosfera già all'entrata è meravigliosa, ci sono più bucket hats che telefoni, file ahimè interminabili al bar, la maggior parte è già ubriaca. Ovvio! Si sbircia un po' sui social la setlist, per mia scelta non amo saperla in anticipo, quindi evito. E poi si inizia, arrivano loro, i supporting act, i grandi The Charlatans, altri figli di questo patrimonio immenso che è questa città. Tim Burgess in gran forma, biondo platino, corre su e giù per il palco fotografando il pubblico, cantano per un totale di 12 brani. Ben supportati dal pubblico devo dire, ma la mia opinione è che non sono una band da stadio e il suono, ma direi tutto in generale, ne risente. Troppo dispersivo. Sicuramente gli avrei preferito i Kasabian, più nel loro ambiente, che a Knebworth faranno un set da paura. Anche senza Tom.
OK, ci siamo. Lo sappiamo. Guardiamo l'ora. Quasi le 21, è ancora ampiamente giorno. Il meteo ci assiste, sa anche lui che non può rovinare una serata simile.
Parte l'immancabile coro Champeones, poi l'altrettanto immancabile Fucking in the bushes, preludio alla comparsa on stage.
Un boato accoglie lui, la nostra rockstar, con il suo immancabile parka, questa volta versione camouflage, che ci saluta con il suo inconfondibile YES MANCHESTAAAA.
E tutto ha inizio. Primo brano Hello, sempre stata una delle mie preferite, siamo già tutti ampiamente in delirio, la voce c'è eccome.
Segue subito uno dei tanti momenti di commoziine: la dedica, prima di eseguire Rock N roll star, all'amico fraterno Bonehead che doveva essere lì sul palco con lui e con noi, ma ha appena iniziato un ciclo di terapie per curare un tumore da poco diagnosticato. Mancherà per tutto il concerto. La sua assenza sarà l'unica nota dolente. Per questo brano, ed alcuni altri, mi faccio sollevare da uno a caso accanto a me. Da lassù è ancora più bello.
Come attacca Morning Glory tutto diventa una bolgia infernale, birra ovunque, fumogeni colorati, mantenere la stessa posizione non è facile. Si comincia a sgomitare.
Inizia la parte con i brani della carriera solista. Adoro Wall Of Glass, ma è Everything's Electric, dall'album appena uscito, che infiamma l'atmosfera. Davvero ottima la resa dal vivo e la risposta del pubblico.
Poi parte un trittico per cuori forti: Stand By Me /Roll It Over e Slide Away. Quest'ultima, per un attimo, mi ha fatto credere di essere tornata nel '96 ad ascoltare in radio la diretta della serata di Knebworth.
Menzione speciale per Roll It Over, meravigliosa e prima volta in assoluto che viene suonata live.
Un'altra piacevole sorpresa è More Power, nuovissima, ed incredibilmente già cantata da tutti. Ottima resa, che stupisce anche un Liam sempre più emozionato. Dopo altri 3 brani arriva la fine della prima parte, con uno dei miei momenti topici, Once, 60 mila luci, un sing along costante e fuochi d'artificio finali.
Inutile tentare di trattenere la lacrima.
Dopo una breve pausa parte l'encore, una sequenza di 6 pezzi per i quali qualunque band oggi venderebbe la madre, il padre e i figli.
L'apice saranno Live Forever e la finalissima con Champagne Supernova, qui purtroppo senza John Squire che invece ci sarà a Knebworth.
Quella frase finale sul refrain urlata da Liam "Not necessarily stoned but beautiful" ci ammazza tutti, seguita da altri fuochi d'artificio.
È davvero finita ora. 7 mesi di attesa sono volati così. 1h e 50 minuti di assoluto godimento. Liam è visibilmente commosso, accenna un inchino, tenta di inginocchiarsi, nonostante i noti problemi ad anca e schiena. Mano sul cuore. La sua città letteralmente ai suoi piedi. Alla faccia di chi lo aveva dato finito solo pochi anni fa. Il tutto a 3 mesi dai suoi 50 anni.
Quando le luci si accendono c'è un momento in cui nessuno sa cosa fare. Nessuno sembra voler andare via. C'è chi si siede in terra, chi barcolla, chi ancora canta. Io faccio tutte e tre le cose contemporaneamente. Serate come questa non dovrebbero mai finire, per legge. O se proprio devono, che almeno ricomincino la sera dopo.
Liam ha una volta ancora dimostrato di essere davvero the ultimate rockstar. Ha saputo rialzarsi, ricominciare, è riuscito ad attirare orde di giovanissimi (ce n'erano davvero tanti), cosa non così scontata, e a dare a noi fedeli da 30 anni esattamente ciò che vogliamo da lui e che lui per primo vuole per sé.
C'è una frase del brano More Power che cito in chiusura di questa lunga recensione, per descrivere la serata :
This is what you came for.
Già Liam, proprio così.

Setlist


Hello.
Rock n roll star
Morning Glory
Wall of glass.
Shockwave.
Why me, why not
Everything's Electric
Better days
Stand by me
Roll it over
Slide away
More power
C'mon you know
Diamond in the dark
The river
Once
Some might say
Cigarettes & alcohol
Supersonic
Wonderwall
Live forever
Champagne Supernova

Momenti migliori

Once
Slide away
Champagne supernova

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