La trasmissione.

Si tratta in pratica di interviste e commenti resi da Licio Gelli su fatti di storia recente e contemporanea.

L'importanza ed, a suo modo, l'autorevolezza del personaggio rendono la trasmissione, con qualche filmato reperibile su Youtube, molto interessante, ancorché non innovativa sul piano del linguaggio televisivo.

Non conta troppo il mezzo, dunque, quanto il contenuto del messaggio, e dunque la prospettiva di chi parla.


Il commento: un Piano dai molti piani di lettura?

Trasmessa sul circuito "Odeon Tv" verso la fine dell'anno 2008, "Venerabile Italia" è una trasmissione piuttosto particolare e molto interessante anche per i più giovani, in quanto ci narra della storia passata e contemporanea - e, per certi versi, anche della contro-storia della nostra Repubblica - dal punto di vista di uno dei personaggi più influenti del dopoguerra, quel Licio Gelli che, assieme a Gianni Agnelli, Enrico Cuccia, Enrico Mattei ed Eugenio Cefis, può certamente classificarsi fra gli uomini di maggior potere del ‘900 senza essere mai stati eletti in Parlamento o aver ricoperto, in maniera diretta o indiretta, incarichi di Governo o nel Potere Esecutivo in genere.

Il titolo della trasmissione è chiaramente a doppio, se non triplo, senso: il termine "venerabile" è, infatti, un aggettivo qualificativo polisemico, che rimanda, di primo acchito, all'Italia stessa, ritenuta il centro degli interessi di Gelli e, dunque, come Nazione e Comunità degna di venerazione e rispetto.

D'altro canto, esso rimanda all'età di Gelli stesso, nato nel 1919 - come Giulio Andreotti e Alberto Sordi - e dunque oramai novantenne, ed a buon titolo memoria storica di tante vicende che si dipanano dal Fascismo alla Resistenza, per giungere agli anni del boom economico, della strategia della tensione, della rinascita del centrosinistra craxiano, fino al collasso di Mani pulite ed alla raggiunta democrazia dell'alternanza contemporanea.

Certamente, in quel malizioso qualificativo, potrebbe non a torto scorgersi un riferimento all'attività di Gelli stesso come Maestro venerabile della Loggia massonica Propagnada 2, organizzazione di cui facevano parte, a cavallo degli anni '60 e '70 e '80, alcuni dei più importanti rappresentanti dell'economia e delle istituzioni dell'epoca, accomunati da un viscerale anticomunismo, da tendenze filo-capitalistiche, e da una trama ideologica poi riassunta nel noto "Piano di rinascita democratica", progetto politico al quale - per espressa ammissione dello stesso Gelli - si sono ispirati, negli anni '90, sia i partiti di centro destra (soprattutto Forza Italia) ma anche, sorprendentemente per alcuni, del centro sinistra (pensiamo all'avvento del bipolarismo, alla meritocrazia, alla rottura del monopolio pubblico della Rai, obiettivi certamente condivisi alla sinistra, o comunque realizzati senza una autentica opposizione della sinistra sui contenuti del programma della maggioranza di Governo).

Di Gelli, negli anni, si è parlato in termini dispregiativi, anche sulla base di alcune indagini della Magistratura che lo hanno visto coinvolto, tramite la Loggia P2, in varie vicende di cronaca - dal tentato golpe Borghese del '70 (Gelli avrebbe dovuto "bloccare" il Presidente Saragat al Quirinale), alle stragi degli anni '70, fino alla strage della stazione di Bologna dell'80, passando per i crack di Calvi e Sindona - senza tuttavia giungere ad un quadro del tutto chiaro ed univoco circa le sue responsabilità, dirette ed indirette, su questi fatti, per quanto notevoli siano gli indizi, se non le prove, di un coinvolgimento di membri della P2 in queste vicende.

Coinvolgimento del resto inevitabile se si pensa che ad essa aderivano quasi tutti i vertici dei Corpi Militari del Paese, quasi tutti i vertici dei Servizi Segreti, oltre a influenti rappresentanti dell'ordito economico italiano (banchieri, finanzieri, editori) nonché diversi conservatori e nostalgici del Fascismo, i quali - per la nota teorica dei "sei gradi di separazione" - non potevano non sapere nulla, in maniera più o meno diretta, di tali vicende, che postulavano il necessario coinvolgimento di tante persone nella preparazione dei relativi atti. Il rilievo, poi, che siffatti individui fossero parte della P2 mi sembra a propria volta sintomatico della natura della loggia: non tanto un anti-Stato, quanto una prosecuzione dello Stato con altri mezzi (al più, un'anti-Repubblica).

Alcuni sostengono quindi che Gelli in persona sia il "Grande Vecchio" cui allude certa letteratura in materia di stragismo e cronaca istituzionale, per quanto ciò non sia provato, essendosi recentemente prospettata, da alcuni accreditati osservatori, la tesi che il "Grande Vecchio" non sia una persona ma una relazione di poteri, più o meno occulti, volti sostanzialmente a controllare gli sviluppi della giovane democrazia italiana in chiave filo-atlantica ed anticomunista, della quale pur Gelli era parte (cfr. G. Barbacetto, "Il Grande Vecchio", Rizzoli, 2009).

Ogni giudizio negativo su Gelli e sul suo presunto coinvolgimento nella "strategia della tensione" sconta, al dunque, sul piano storico, un rilievo più profondo sul quale spetta agli storici e ai politologi interrogarsi, e sul quale pur io vorrei sommessamente soffermarmi assieme agli utenti di questo sito, chiedendo Loro di abbandonare i soliti pregiudizi e le solite valutazioni superficiali ed istintive - vorrei dire di pancia - per seguirmi con la dovuta attenzione nel successivo percorso espositivo.

L'interrogativo che vorrei umilmente proporre è il seguente: fino a che punto la Ragion di Stato, e la lotta politica ideologica in chiave anticomunista poteva spingersi, nell'Occidente ed in Italia, nel comprimere le libertà individuali e, ovviamente, nel sacrificare tante vite di innocenti, o nel compiere reati di vario genere, anche finanziari?

Potevano giustificarsi la presenza della P2, di altre organizzazioni come Gladio o la Rosa dei Venti, la strategia della "tensione" come tentativo permanente di golpe volto a mantenere alta la barra dell'anticomunismo, tenendo lontano il PCI filosovietico dal Governo di un Paese filo atlantico e ricostruito grazie ai generosi contributi del piano Marshall stanziato dagli U.S.A.? Poteva giustificarsi questa "strana alleanza" fra  nostalgici del Fascismo, o comunque ultraconservatori con nostalgie e progetti dittatoriali, ed democratici Stati Uniti, che la caduta del Fascismo in qualche modo favorirono?

Non sappiamo dare risposta univoca, il dato di fatto è che ciò è potuto accadere ed è storicamente accaduto.

La risposta istintiva sarebbe ovviamente, quella di ritenere aberranti tali condotte, ma occorrerebbe forse un'analisi più attenta della psicologia degli individui e sulle ragioni profonde che li spingono ad agire in tale direzione, sulle concrete circostanze storiche (non che il KGB stesse a guardare), oltre che una seria analisi comparata circa il costo di vite umane connesso all'esercizio di qualunque potere statuale: non che le campagne militari, la gestione della sicurezza interna, la realizzazione di opere pubbliche, la stessa sopravvivenza dello Stato come Istituzione non comportino questi sacrifici quotidiani, a ben pensarci.

Se il pericolo comunista poteva ritenersi concreto, e con esso una deriva totalitaria dell'Italia e l'insorgenza di una III guerra mondiale, laddove lo sfondamento comunista in Italia significava ingresso del Comunismo nell'Occidente con inenarrabili costi in termini di equilibrio geopolitico, la c.d. "strategia della tensione" assume una chiave interpretativa differente, quasi come un carissimo prezzo che il Paese ha pagato per garantire la Pace mondiale, e dunque per salvare un Bene superiore, paradossalmente per conservare la propria "forma" democratica.

Prezzo ignobile, prezzo disperato, eppure prezzo fondamentale per assicurarci un vantaggio maggiore nell'ambito di uno Stato di Necessità permanente. Vantaggio di cui ancora oggi beneficiamo vivendo in un Paese sostanzialmente libero.

Diverso sarebbe il discorso se questo pericolo fosse stato del tutto virtuale, e del tutto indotto mediante una sapiente tecnica di "polemogenesi" - ovvero creazione di un nemico che in realtà non esiste: tipo il babau delle favole - funzionale a compattare i ranghi del Paese in chiave conservatrice, e limitatrice dei diritti dei singoli, svuotando la nostra democrazia di contenuto, di alternative, di dialogo, di dibattito e di trasparenza.

Riemergerebbe netta, in questo caso, la natura antidemocratica dell'attività, senza esimenti di sorta.

Certo, se questa tesi fosse vera, potremmo scorgere una corresponsabilità storico politica di chi, magari in buona fede, fece la parte dell'apparente "cattivo", ovvero dello sparring partner consociativo di tutta questa lotta: quel Partito Comunista che, negli anni '60 e '70, fu forse troppo timidamente antisovietico, continuando a farsi rappresentare come la longa manus dei bolscevichi in Italia e senza attuare, già a seguito dei fatti d'Ungheria del '56, un definitivo strappo rispetto ad una prassi politica perdente su tutta la linea e schiettamente contraria agli stessi valori democratici consacrati dalla nostra Costituzione.

Non è del resto un caso, secondo noi, che la strategia della tensione sia finita quando, a sinistra, si è consumato il distacco del PCI di Berlinguer rispetto ad un Comunismo in crisi definitiva ed ormai avviato alla riforme di Gorbacev, ed è parallelamente aumentata la forza politica del PSI di Bettino Craxi, ovvero la politica di sinistra è tornata ad essere, dopo l'appannamento degli anni '50, '60 e '70, essenzialmente una politica moderata ed aperta ai ceti produttivi e non solo antagonistica della DC, e quando gli stessi socialisti, dopo la diaspora degli anni '90, hanno saputo riqualificarsi sia nelle forze politiche di centro sinistra, che in quelle di centro destra.

Preferisco dunque sospendere il giudizio su queste vicende e su Gelli stesso, lasciando che su esso si soffermino i miei lettori; ciò, anche nella consapevolezza che egli è stato già adeguatamente giudicato dai magistrati sotto il profilo delle relative responsabilità penali, e dagli storici in ordine ad altre responsabilità connesse, consapevole che il suo progetto di Italia si è bene o male realizzato nel nostro Paese così come noi lo viviamo e così come noi lo accettiamo in gran maggioranza, a prescindere dagli steccati e dalle divisioni politiche di breve, medio e lungo periodo.

So che il tema è infido: prego gli utenti più fumantini di leggere con calma questo saggio e di valutare con il dovuto equilibrio le loro reazioni, non cadendo anch'essi nella trappola della "polemogenesi" e non vedendo in me un preconcetto nemico.

[*] recensione pronta da settimane, la cui pubblicazione è stata ritardata a seguito di pressioni da parte di alcuni utenti del sito, rappresentativi dei cc.dd. "poteri forti" ostativi al riconoscimento di un diritto di critica e di un'equilibrata storia delle nostre vicende patrie. Ringrazio gli editors e la direzione per la libertà concessami.

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