Portatore di luce.

Questo, letteralmente, il significato del monicker di questa band.
Tale portatore di luce, è il tema ricorrente del concept di questo album.

"The narrative follows the casting out of the innocent Lucifer, light bearer, and his attempt to sew the seeds of sentience in humanity, to bear witness to the true form of the Authority; a liar and a false God."

Il concept prende vita tramite l'ispirazione di varie opere letterarie: la trilogia di "Queste materie oscure" di Philip Pullman, "Paradise Lost" di John Milton e "La Divina commedia" di Dante Alighieri.
Ma in realtà questo lavoro, liricamente e concettualmente, è una rivisitazione del libro della Genesi, a cui vengono aggiunti elementi presi dalle opere sopraelencate. Sviscerare il concept dietro a questo parto è non solo interessante, ma anche obbligatorio, in quanto completamente scritto da Alex, l'ex cantante della (ormai di culto) band Fall Of Efrafa.

Ed è proprio da qui che parte tutto. Preso atto dello scioglimento dei FoE, Alex si imbarca in un'altra avventura, sulla carta, alquanto sfiziosa.
I nomi di riferimento sono vari, a detta sua la band invoca gruppi quali Envy, Red Sparrowes, Sigur Rós, Neurosis, primi Baroness, Circle Takes The Square, Mastodon, 65 days of static, Mouth of the Architect e Cult of Luna. In effetti, ha perfettamente ragione.
L'album in questione, "Lapsus", è molto semplicemente un lavoro in cui elementi post-rock, post-core/metal, screamo e per certi versi anche ambient/drone si fondono assieme. I nomi che balzano in mente, di primo acchito, solo tre, citati ragionevolmente da Alex: Envy, Cult of Luna e Red Sparowes. Il mood, quella sorta di disperazione a tratti aperta alla speranza, la voce, presi ai primi due. Le soluzioni più soffici ed eteree agli altri.
Non è un disco originale, innovativo o come volete intenderlo. Non è quello a cui puntano i nostri. Lo stesso Alex lo scrisse: non tentano di impressionare o fare qualcosa di nuovo. Suonano col cuore e sono stanchi dell'idea che la musica debba essere originale per essere considerata degna. Questo è un disco scritto con cuore e passione, ovvero i tratti che dovrebbero contraddistinguere ogni impronta artistica.
Certa è anche un'altra cosa, i paragoni con i Fall Of Efrafa sono considerati d'uopo quasi all'unanimità. L'eredità della ex-band di Alex è davvero imponente. E a tal riguardo, lui stesso non vuole che i Light Bearer vengano comparagonati ai FoE. Sono due entità completamente diverse. Il genere è quello, diranno molti, ma non è questo il punto. I Light Bearer non puntano a ciò a cui puntavano i Fall Of Efrafa. E la presenza dello stesso cantante in ambedue i gruppi non è una scusante per valorizzare i paragoni.
Anche in musica le differenze sono in verità notevoli. La componente crust/d-beat dei FoE è completamente assente, molte soluzioni sono al limite del post-rock più dilatato (si veda, ad esempio, l'inizio di "Primum Movens"), certi frangenti ricordano da vicino atmosfere care ai Sigur Rós, come il commovente finale della title-track, accompagnato tra l'altro da un bellissimo violoncello. Sempre nella title-track, la sezione centrale addirittura sembra omaggiare i primi Tool, inoltre si trovano soundscapes che ricordano molto da vicino l'ambient, come anche in "Armoury Choir".
Curioso è invece l'utilizzo delle clean vocals, a molti risultate indigeribili, a molti azzeccatissime. Utilizzate solo nella penultima traccia "Prelapsus", tra l'altro per una trentina di secondi, e al limite dello spoken word in "The Metatron".

Il difetto principale di questo album è che a tratti può sembrare prolisso (due tracce toccano il quarto d'ora e una lo supera), ma è facile passarci sopra. La noia non interviene praticamente mai, e anzi sembrerà che il tempo sia accelerato. Due minuti sembrano trenta secondi, finita una traccia ci si chiede "Di già?".
Una sensazione di inappagamento interiore, che chiede a gran voce qualcosa di più. Quel qualcosa che arriverà col passare dei minuti, ma che non soddisferà mai appieno.

Un po' come una sigaretta: spenta una, si sente il bisogno di accendersene un'altra.
E così con questo album si sente il bisogno di riascoltarlo.
E ancora.
E ancora.

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