"Moglie e buoi dei paesi tuoi". Uno si va a impelagare col gothic esotheric industrial di altre nazioni quando non si accorge che la marmellata più buona ce l'ha dentro casa.
Iconoclasta, rituale, templare, mitraico, assolve la confusione del crepuscolo e dell'aurora con lampanti offuscamenti e gocce di rugiada fresca che si sostituiscono alle lacrime ingannatrici. La maestosità inquietante del nero incedere fuori le nostre possessioni, colora di dejá vu sofferenti nel dove l'anima subisce lo scacco dal suadente catrame della dannazione. L'ardore di rivincita ancora incatena a sfide materialistiche dove la coppa del trionfo coincide con la sconfitta, con la caduta.
Bruciati e sporchi dalla pece vaghiamo sinceramente timorosi di Dio, coscienti che, sia il rimandare lo scontro, sia lo scontro frontale nutrono il nostro avversario, che si nasconde dentro di noi. Lo sdoppiamento, la schizofrenia è alimentata da percussioni metalliche e ossessive che tracciano una messa dove si balla una danza primordiale di cadute e salvazioni. Le bruciature subìte sono i nostri trofei sulla strada dell'evoluzione.
Anche la redenzione è trattata in maniera cruenta, la luce che arriva non è bonaria ma è una spada che brucia vergogne e rinsavisce gelando nell'infilzarci. Una tensione densa, tangibile, scaturisce dalle trame di una pomposità musicale orrorifica nel rivelarsi scarnificata nell'inganno delle promesse prospettate. La genuflessione è d'obbligo nel constatare che "Limbo" macella un allenamento impeccabile: per diventare più scaltro devi "giocare" con un avversario più scaltro di te.
E la crescita che cos'è in fondo se non essere umiliati profondamente nelle nostre vanità? La sofferenza è ego, far soffrire l'ego è sofferenza cosciente, l'anelito è ringraziare e porgere l'altra guancia allo scannamento assente da considerazioni. Di un'efficacia estrema il coinvolgimento traslante delle arie, c'è il bisogno di farsi una doccia dopo l'ascolto, una sauna con tuffo nell'acqua gelata sarebbe meglio.
La premiata ditta Becuzzi & Mustone, indossando uno scampanellante copricapo di velluto nero, forgia sottili linee di demarcazione tra zone inquietanti per non avere remore e giustificazioni nel basculare "di qua e di là", dal sotto e del sopra, rinverdendo il gioco della realtà di questa nostra infanzia dell'eterno. In anaerobiche performance muscoliamo i cambi psichici per visioni su mondi reali dove l'amore non fa rima con "cuore". Poi si vedrà, abbiamo tempo, quanto...
Ammirevole nel prendersi in giro da solo con rimandi ad un medievale fangoso dove inquisizioni di facciata operano sulla carne con fruste, penetrazioni, eiaculazioni, torturelle e attraverso la "pena è piacere" paventano pentimenti per la salvazione dell'anima, facendoti vedere che il pacco cattolico è solo una bella resurrezione della carne. Che "sòla", gira che rigira sempre al culo si prende...
Aitante si rivela il rifacimento di "Venus in Furs" per una discoteca sadomaso di tutto rispetto calata in un Vahalla di un nibelunghismo che di lungo ha solo la sleppa per un "meopenisintuavulva"! Gli umori dell'essere lussuria sono conditi dagli orgasmi gridati mandragoralmente da Roxana & Luisa. Il revisionismo delle ritmiche di orgie e rituali trovano il loro contributo nella decadenza del favellar latino.
In definitiva il barzottismo che deriva da aspettative di orgasmi definitivi fanno risultare "simpatico" l'ascolto cosicché l'insieme risulta una grande bolla di sapone molto gratificante. Non ci sono colpe in eventuali debacle, anzi le "impotenze" vengono financo celebrate.
L'italica fattura di Gianluca e Vincenzo garantisce qualità storica nella resa di un occultismo che si mistifica nel salmodiarsi. Non scordandosi di portare i cilici, Enjoy!
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