Siamo nel 1971 e i Beatles intesi come gruppo non esistono più da qualche tempo. I "4 ragazzi che scioccarono il mondo", ubriachi di fama e soldi, cercano di orientarsi e di seguire i propri istinti nel mare sconfinato che si apre difronte ad ognuno di loro. Sir. Paul McCartney, leggenda e icona della musica mondiale già a 28 anni, si trova a pubblicare musica senza il conforto del confronto, dello scontro, della rivalità, dell'intreccio delle singole genialità dei compagni di quella folgorante avventura da poco conclusa.

RAM ci racconta che McCartney è un vulcano di idee musicali, di ecletticità, di esuberanza artistica e di voglia di stupire ancora. Paul riversa in questo progetto idee e intenzioni sufficienti a fare 4 LP di discreta qualità, ma lo fa scegliendo di suonare tutti gli strumenti, di registrare in casa, senza una vera guida, forse per la prima volta da quando ha iniziato a guadagnarsi il becchime strimpellando. E si sente.

POLLICE IN GIU': L'incipit è quasi imbarazzante, e la canzone (la prima) che dovrebbe dimostrare al mondo che McCartney merita di essere leggenda, fatica a stare in piedi. "Smile away" racconta di cori orridi e ridondanti, e di un testo di cattivo gusto. Non mi convince nemmeno "Eat at Home", con falsetti buttati lì e una produzione davvero artigianale. Con il coro iniziale di "Long Haired Lady", poi, tocchiamo il fondo. Nessun altro al mondo avrebbe affidato tutti i supporti vocali a tale Linda, improvvisata corista calante al punto da apparire stonata. Il ritornello di intermezzo che richiama il titolo fa ribrezzo. I 4 minuti del finale ripetuto alla noia e affidato a Linda fanno gridare vendetta. Inascoltabile.

Ma il McCartney che sa far girare la testa a me e svariati altri milioni di persone da 50 anni c'è, eccome. Vedi "3 Legs", che Linda non riesce a rovinare. Struttura musicale semplice e accattivante, con preziosismi strumentali di classe, ritmi alternati in maniera intelligente, un finale con un cambio di cadenza da intendtori. Simile negli intenti "Heart of the Country", davvero piacevole e sorprendente nell'alternanza di intenzioni e in alcuni stacchi strumentali che impreziosiscono un pezzo, nel complesso, davvero riuscito.  

"Ram On" inizia in maniera eclettica, ma un ukulele ti richiama subito in un mondo melodico in cui ti senti a casa e squoti la testa allegro, accompagnato dalla voce sapiente di un tizio che sa inventare melodie come pochi. "Dear boy" è un gioiello di armonizzazione vocale e ha una struttura di accordi che crea un crescendo costante di rara intensità. Una perla, di quelle che non stancano mai e mettono d'accordo tutte le orecchie, anche le più esigenti. "Monkberry Moon Delight" è un urlo di rabbia (volutamente ironico) che priverebbe ogni comune mortale della voce per giorni. Linda rovina l'atmosfera solo in parte, perché le chitarre ostinate, da sotto, riequilibrano il tutto.

"Unkle Albert\Admiral Halsey" è uno scherzo, un sigla da cartone animato abbastanza inutile che, nella seconda parte, mostra l'ecleticcità vocale e compositiva dell'autore, davvero sopra le righe e a suo agio in tutti i generi. Curiosa.

Ma le cose migliori saltano fuori, per assurdo, da canzoni che io boccerei, come "Long Haired Lady" e "Back Seat of my Car". I due brani, nel complesso traballanti a dir poco, contengono al loro interno passaggi melodici di una tale intensità e classe da costringerti a mettere le mani nei capelli e urlare: ma che spreco! E ciò è (ahime), esemplificativo di un fenomeno che nella lunga e prolifica carriera solista di re Paul tornerà assai di frequente: la carenza di guida svilisce un potenziale che probabilmente non ha paragoni.

Paul Mc Cartney solista, insomma, è "Il diamante grezzo più prezioso del mondo", come l'ho definito altrove... e questo album ne è, secondo me, la prova.

Curiosità: la sigla L.I.L.Y. nascosta in copertina significa: Linda I love you. Che tenero Paul... ma aver scelto lei tra milioni di pretendenti, a mio avviso, era sufficiente. Come corista avrei cercato altrove.

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