Se si dovesse paragonare l'attesa dei fan dei Linkin Park ad un ipotetico sentiero, sarebbe un sentiero lungo chilometri, il 14/5 in Europa, l'attesa finirà, il sentiero pure e ci si troverà dinanzi ad un burrone.

"Saremo originali, basta col nu-metal,sarà un sound più rock, hip-hop, motown, new wawe e con un pizzico di pop", queste sono state le dichiarazioni ufficiali della band, rilasciate e da Chester Bennington e da Brad Delson, niente di più falso, vi spiego il perchè.

Bella l'apertura ritmica di "Wake", un sound deciso e diretto che fa da apripista a "Given Up". Sembra aver mantenuto le promesse il gruppo di Augura Hills, niente più chitarre stile nu metal, ma suoni più rockeggianti e un 'Chaz' più ruvido e carico che mai.
Oltre all'ottima performance di B.Delson e Phoenix alla chitarra e al basso, da notare che per la prima volta vi dovrebbe essere la presenza di "explicit lyrics" (uso il condizionale perchè non ho letto i testi ma le parole udite sembrano chiare), davvero un buon pezzo tonico e che lascia intendere che vi sarà una svolta nel proseguimento dell'ascolto. "Leave Out All The Rest" è una prima piccola battuta d'arresto,  pezzo lento e tranquillo,ed è troppo presto per le sdolcinatezze, siamo solo alla traccia n°3, in certi assoli vocali Chester Bennington ricorda tristemente Lee Ryan,comunque pezzo salvabile.

Davvero bella è "Bleed It Out", si risente la voce rapper della band, Mike Shinoda, più Eminem che mai, accompagnato da un'ottima base con applausi ritmati e da un ritornello killer e coinvolgente, senz'altro un pezzo da chart e a mio avviso sarà il secondo singolo dell'album. Ti starai chiedendo dov è tutto lo schifo che ho accennato prima... eccolo qui.
Orrendo è "Shadow Of The Day", il sound è un ibrido impasto di elettronica e pop, utile in casi di insonnia cronica, il rock di "Given Up" è più lontano che mai, davvero troppo sentimentalismo.
Dopo la conosciutissima "What I've Done", andiamo a messa con "Hands Held High", ritornello da chiesa (sembra udire un amen!) e uno Shinoda tristemente irriconoscibile, che tocca il fondo quando cerca di cantare, in "In Between", ricordando A.Kiedis dei RHCP in "Raod Trippin", peccato che è un rapper e non un cantante di ruolo.

Così, dopo la superpop "In Pieces",vi descrivo quello che dovrebbe essere il pezzo più bello della loro carriera secondo il parere di Chester Bennington:"The Little Things You Give Away"; oltre 6 minuti di pesantezza e paranoia, i pezzi lenti non sono per loro, insomma una conclusione tragica di un album mediocre.

Conclusioni:

- Smentisco le dichiarazioni sopracitate del gruppo riguardo il sound "diverso", non c'è ombra di hip-hop tranne in qualche piccolo sprazzo, il sound rockeggiante è presente in 2/12 dell'album e via dicendo.

- Da notare come i pezzi diciamo "più forti" (più forti!) siano piazzati in posizioni strategiche (2-4-6-8), per spezzare il ritmo in modo costante onde evitare un eccessivo smarrimento da parte di chi ascolta.

- Analizzando l'intero lavoro "What I've Done" sembra un corpo estraneo all'album, perchè se prima dell'uscita raffigurava un pò la svolta del sound, dopo un ripetuto ascolto del Cd sembra solo un allacciamento tra il vecchio e il nuovo stile, insomma sa molto più di falso.

- Delusione titanica "The Little Things You Give Away", Chester fa quello che la deve dire lunga, al di fuori di qualche timidissimo assolo di chitarre, il resto è sonnifero.

- Se si sperava in un Chester rock alla Cornell, accontentiamoci di un Bennington un pò E.Iglesias, un pò T.Ferro.

- DJ Hahn e Mike Shinoda non pervenuti.

- Note positive? Al massimo la copertina dell'album, di un bianco/nero che si adatta a tutti gli arredamenti.

Se si parlasse di una band di sconosciuti poteva scapparci anche il 3/5,  ma essendo un cd maturato dopo 2 anni e ripeto 2 anni di lavoro con l'appoggio di un certo Rick Rubin,il 2/5 è molto più che giusto.

Aspettiamo impazienti la rivincita dell'ex superband della California, o un ulteriore, tragico, crollo totale.

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