Questo album dei Linkin Park, mentre scrivo ancora in procinto di uscire e attualmente in streaming su iTunes, é sicuramente quello che più ha attirato la mia attenzione in tutta la loro discografia. Anticipato da 5 singoli,(di cui tre usciti nell'arco di dieci giorni)si presenta come l'album più feroce del sestetto.
Ce ne accorgiamo subito con la prima traccia, "Keys To The Kingdom", che parte con la voce di Chester, distorta e cattiva come non mai. Ottima traccia, dannatemente perfetta per aprire questo album, esplosiva come non mai. Segue "All For Nothing", traccia punk quanto basta. Anche questa é un brano molto incisivo che contiene un featuring, a mio avviso alquanto superfluo, di Page Hamilton che é uno dei miei miti d'infanzia ma qui si limita a cantare il ritornello che mi sarei aspettato più aggressivo. Terza track é il primo singolo estratto "Guilty All The Same". Il featuring(qua con Rakim) stavolta é incisivo e si sente e potrebbe essere descritto come il Rap Metal che incontra gli Avenged Sevenfold. Sicuramente il punto più alto dell'album. Dopo un breve intermezzo tranquillamente scartabile, ("The Summoning") parte la canzone più veloce e aggressiva dell'album, "War", che ha un assolo che mi ha fatto dubitare che il chitarrista fosse veramente Brad. Canzone adrenalinica e sconsigliata ai fan dei LP dell'ultima ora. Dopo questa botta di hardcore punk, parte una canzone alternative metal quale "Wastelands", il terzo singolo. Non ci troviamo certamente di fronte all'episodio più riuscito dell'album, ma riesce a regalare emozioni soprattutto durante le strofe rappate in maniera magistrale da Mike. "Until It's Gone" é il settimo brano e il secondo singolo estratto dall'album. É chiaramente la traccia più "radiofonica" e "catchy" del lotto e (almeno negli States) é stato il singolo più passato dalle radio. Può piacere o non piacere, sinceramente la trovo adatta per i fan dei LP che si aspettavano un nuovo Living Things.
Arriviamo alla traccia numero 8 "Rebellion" che contiene il featuring di Daron Malakian dei System Of A Down alla chitarra. Il riff é inebriante e di chiara matrice SOAD. Uno degli highlight dell'album che trova il momento di massima tensione nel breakdown dove Chester sbraita "We lost before the start". Arriva la nona canzone del platter, "Mark the Graves", che contiene riff duri e cantato melodico, una formula già sperimentata più volte in passato dalla band statunitense ma che qui, almeno secondo me, non riesce a colpire appieno. Siamo giunti alla canzone che più attendevo di ascoltare in questo album, "Drawbar", che contiene un featuring con il leggendario Tom Morello. É una canzone strumentale piacevole, nulla di più, e che certamente non necessitava della presenza di Tom. Ci avviciniamo così con l'amaro in bocca al quinto singolo "Final Masquerade", altra canzone radio friendly ma non come "Until It's Gone". Ottima canzone grazie soprattutto alla batteria che mi ricorda moltissimo i Deftones. Ultimo brano dell'album é "A Line In The Sand", ottimo modo di chiudere un album come questo, in modo aggressivo ma non troppo e con una padronanza dei propri strumenti che mai aveva contraddistininto la band.
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