C'è un tempo in cui ogni band ha il suo momento di gloria, o meglio dire il momento dove dà spazio alla sua creatività musicale raggiungendo buoni risultati, e creando così lavori che resteranno pietre miliari indelebili nella storia della musica. Nel lontano 1985 un complesso che purtroppo nel corso degli anni ha perso i suoi pezzi migliori, dopo aver pubblicato un EP e un album, "Eneide di Krypton", ingiustamente finito nel dimenticatoio, creano "Desaparecido". Un album che a prima vista, in confronto a quei mostri del rock in America di quegli anni, sembra non aggiungere niente di particolare....ma mai giudicare un libro (o disco in questo caso) dalla copertina. Grazie alle sue atmosfere, che si rifanno alla New Wave di quegli anni mischiata con un rock caldo e decisamente molto cupo, "Desaparecido" si dimostra come uno dei migliori lavori del repertorio di questa band, la scintilla della loro carriera (si può dire essere il vero album d'esordio, poiché alla fine "Eneide di Krypton" è più che altro un lavoro realizzato per una compagnia di teatro, e quindi un disco a parte della loro intera discografia).

Le otto canzoni che compongono l'album sono una più bella dell'altra, ognuna con la forza di riuscire a fare viaggiare l'ascoltatore e portarlo tra i deserti dell'Africa, nelle città orientali e perfino in Messico. Il singolo d'apertura è "Eroi Nel Vento", e mai canzone fu così perfetta per aprire un capolavoro: una esplosione di energia, con un testo che tratta il tema delle guerre, sonorità cupe e rockeggianti quasi alla Cure e un ipnotico riff di chitarra di Ghigo Renzulli, è una delle migliori non solo dell'album ma anche dell'intera discografia della band. In "La Preda" gli strumenti si rincorrono fra di loro, creando il pezzo più rock dell'album; molto azzeccato l'organo della tastiera all'interno del pezzo che la trasformano in un pezzo quasi classico. Ed ecco che con "Lulù E Marlene" vengo avvolto dalle sabbie del deserto del Sahara, sperduto tra le dune, con il sole in faccia. Questo è quello che immagino ascoltando questo classico dei Litfiba, uno dei pezzi più cupi e dark dell'album, dove il vocalist Piero Pelù incanta con il suo timbro vocale caldo e profondo. Bellissima in questa canzone la tastiera che si intreccia con la chitarra in maniera elegante e efficiente. Un vento forte mi spazza via e mi porta in Turchia con l'incantevole "Istanbul". E' una perla, la migliore dell'album, dove ognuno dà il proprio meglio: il bassista Gianni Maroccolo, che io ritengo la vera anima dei Litfiba, si esibisce con un formidabile giro di basso, che regala alla canzone un ritmo simile a una lenta cavalcata, ed è il suo punto forte.

Con "Tziganata" mi vedo circondato dai gitani e ai voodoo intorno a un falò: il ritmo della canzone è trascinante dalla prima all'ultima nota, e qui il tastierista Antonio Aiazzi, molto amato nel campo new wave italiano, crea un sound strepitoso e orecchiabile con la sua tastiera, che tra le sue mani sembra prendere vita. "Pioggia Di Luce" è quella che meno mi ha interessato, ma nonostante tutto anche questa ha molti punti forti: uno dei testi più complessi dell'album (insieme a Lulù e Marlene), sound sublime e sognante, che mi porta nel cuore della miglior New Wave di quegli anni, con un bellissimo e raffinato assolo di chitarra finale, che molti pensano sia di Ghigo, mentre in realtà è di un chitarrista e compositore poco noto, che si chiama Hanno Rinne. L'urlo iniziale di "Desaparecido" mi porta nel selvaggio Messico circondato da indiani danzanti, con un ritmo flamenco assolutamente stucchevole e energico, uno dei punti massimo del disco riguardo le sperimentazioni. L'ascolto dell'album scorre velocemente, ed ecco che siamo già giunti (purtroppo) alla canzone finale, ovvero "Guerra".

uno dei vecchi esperimenti del complesso che poi fu incluso in questo album completamente remixato. L'introduzione di organo, un tamburo da guerra e i soldati in marcia si collegano con un sound new wave genuino, puro, molto cupo e trascinante, che vuole lasciare un'impronta epica all'album, riuscendoci. Primo lavoro della "triologia del potere" (seguono l'eccezionale "17 Re" e il più che buono "3"), è sicuramente il lavoro più bello e completo della band, con la formazione originale e in assoluto la migliore. Una delle poche rock band che in passato hanno contributo ad allargare il termine "Rock" nel nostro paese insieme a quante altre importanti (cito per esempio "Banca Del Mutuo Soccorso", "CCCP", la "PFM", "Le Orme" e così via). Peccato che in seguito alla scomparsa del batterista Ringo De Palma (mi scuso per non avere parlato di lui nella tracklist, e del suo tocco netto e tagliente di batteria, che regalava alla band un suono ancora più cupo e caldo) e all'abbandono di Maroccolo, grande altra perdita, i componenti rimasti non abbiano più realizzato lavori comparabili a questo o ai due successivi.

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