"Desaparecido" usa un linguaggio ordinario, fin troppo standardizzato, nella sua forma new wave: proprio per questo si rafforza l'uinversalità del suo contenuto. Di primo acchito sembra addirittura agghiacciante, nella costruzione del tessuto musicale, per il sapore anacronistico della forma adottata. Potrebbe essere benissimo, quindi, il rappresentante di quel rock italiano che tardi si accorge delle tendenze che imperversano sul palcoscenico musicale mondiale e cavalca un'onda che ormai ha perso tutta la sua efficacia comunicativa. Diventa invece un inno generazionale, e la sua forza risiede proprio in quel lessico musicale che con la sua nuda essenzialità mette in evidenza il messaggio della band toscana.

 "Eroi nel vento", prima traccia del disco, è il compendio di tutto ciò che il disco ha da dire (senza per questo rendere vano l'ascolto delle altre tracce, tutt'altro): il reiterarsi delle note della chitarra di Renzulli che crea l'atmosfera adatta per lo sciogliersi dello spirito Litfiba, uno spirito sognatore e al tempo stesso disilluso, lo spirito di un'intera generazione che ha creduto in miti sfatati con cruda decisione dalla realtà.  Nel disincanto, un unico appiglio per continuare a sognare: l'esotismo. Esotismo spaziale, quello di "Istanbul", temporale, quello di "Lulù e Marlene" e "Tziganata": nel disperdersi dei punti di riferimento, il  mito lontano e la suggestione del mistero antico di una città magica, così come rivivere l'amore passionale e seducente della prima giovinezza, offrono l'unica occasione di tornare a sognare.

Un album denso, evocativo, magico.

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