Dopo essere entrati di diritto nell'Olimpo del rock italiano, con i capolavori new wave "Desaparecido" e "17 Re" e il buon "3", i Litfiba, a causa dell'uscita del bassista Gianni Maroccolo e del batterista Ringo de Palma, entrati nei CCCP, decidono di cambiare sound e di virare verso un rock forte e potente.
Si è dibattuto molto su questa scelta (alcuni hanno parlato anche di tradimento), la mia opinione è che una band deve sempre mettersi alla prova perché ripetere lo stesso sound in ogni album alla fine è controproducente.
Il primo passo dei nuovi Litfiba (Pelù, Renzulli e Aiazzi più i nuovi innesti di Trambusti, Terzani e Candelo Cabezas) è "El Diablo" del 1990. Il valore di quest'album è più che altro storico (è con esso che i Litfiba sono arrivati al successo) perché è inferiore sia ai lavori precedenti che a quelli successivi sia per un sound monocorde che per l'inesperienza di Piero e Ghigo con sonorità rock.
L'opener è un vero e proprio inno generazionale, la famosissima title-track. Aperta da un urlo-rutto e le parole "Olbaid Le" (El diablo al contrario), la canzone non è di per sé molto potente ma il testo (un'accusa contro tutti gli stereotipi del rock) e l'interpretazione di Piero la rendono una indimenticabile pietra miliare. Segue il trip-hop latino di "Proibito", non eccelsa in questa versione, in cui si ironizza contro le droghe ("Mi sento tradito se ti spari le pere, e non esisti più"). La traccia numero 3 è la stupenda "Il Volo" dedicata a Ringo De Palma, morto pochi mesi prima; il testo è bellissimo perché il dolore è solo immaginabile ("Baby, zelig in evidenza, potevi avere il mondo, ma l'hai lasciato") e la musica è piena di pathos. Segue il trascurabile country-rock di "Siamo Umani", in cui si salva solo l'incendiario finale e il cui testo parla con tante allusioni della storia del gruppo fino ad allora. Si arriva così a metà album e a "Woda-Woda" con una grande interpretazione di tutto il gruppo e un testo che parla di chi fa beneficenza solo per avere la coscienza pulita. "Ragazzo" al contrario è un mezzo passo falso, troppo statica e priva di guizzi, soprattutto nella parte centrale. Se si teme un calo arriva la rockettarissima "Gioconda" a movimentare le acque, niente da dire, il paradigma di quello che i Litfiba faranno in avanti. Il testo ironizza sul matrimonio ("Ma la speranza è l'ultima a morire, chi visse sperando morì non si può dire, il cuore no no non te lo do, l'anello no no scordatelo) e un gran numero di assoli rendono questa canzone un gioiello. Chiude "Resisti" con buoni spunti che verranno messi in luce in seguito (è suonata anche dagli attuali Litfiba) ma che qui è abbastanza goffa.
Riassumendo un album con alcune delle migliori canzoni dei Litfiba dei '90 ma che risulta oggi abbastanza invecchiato.
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